DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Estratto dell’articolo di Laura Tedesco per www.corriere.it
Quel pacchetto di cinque tagliandi del costo di 20 euro da cui è «magicamente» stato «grattato» anche il superfortunato tagliando da due milioni (un milione e 600 mila esentasse) di euro?
«Si è trattato di un acquisto in società fra tre persone, l’imputato e i due amici che l’hanno denunciato per non aver voluta dividere la vincita. Il quadro emerso durante questo processo è netto — non ha dubbi il pubblico ministero Alberto Sergi del Tribunale di Verona — Tutte le prove lo dimostrano in modo equivoco, qualunque altra ipotesi è priva di fondamento».
[…] Questa è la convinzione della Procura scaligera, ma non del diretto interessato ovvero dell’imputato: «Quel ticket ultra milionario l’ho comprato io e quindi la supervincita appartiene interamente al sottoscritto, non ci penso proprio a dividerla» insiste da tre anni il piastrellista «paperone» Ricardo G. T., talmente «baciato dalla fortuna» da riuscire nel 2021, a «grattare e vincere» in poco più di venti giorni prima un ticket a Modena da 800 mila euro, poi il 22 febbraio a Garda un tagliando ancora più invidiabile, da ben due milioni di euro.
Sul primo «malloppo» da 600 mila euro esentasse, per lui, non ci sono state complicazioni e infatti l’ha già incassato […] È stato invece sul secondo, e ancor più pesante «tesoretto», che si è ritrovato nei guai.
Proprio per quella seconda fortunatissima «grattata», il 43enne brasiliano Ricardo G. T., residente dal 2018 nel Mantovano a Monzambano, rischia ora tre anni di carcere per appropriazione indebita: è la richiesta di condanna appena avanzata in tribunale a Verona dal pm scaligero Sergi, secondo cui «la versione data dall’imputato si è dimostrata nel corso di questo processo […] priva di fondamento e senza alcuna giustificazione né elemento di prova a proprio sostegno».
Tra gli elementi pro-accusa, il pm Sergi ha citato tra i più rilevanti «l’addetto bancario di Monzambano, a cui l’imputato ha detto di “avere il mandato a riscuotere anche per altre due persone”, e il commercialista che ha dichiarato di essere stato “incaricato del riconoscimento della comunione su un tagliando del Gratta e Vinci”».
[…] Oltre alla condanna dell’imputato (difeso dai legali Giovanni Chincarini di Verona e Giordana Frattini di Brescia) a tre anni di reclusione, il pm scaligero ha chiesto anche che il «gruzzoletto», una volta sbloccato, venga suddiviso «come da precedenti accordi fra il terzetto» di (ex) amici: stando alla pubblica accusa e alle parti civili, in base ai patti iniziali il brasiliano si sarebbe dovuto tenere 600 mila euro, «lasciandone» 50o mila a testa a ciascuno degli altri due.
Quel secondo maxi bottino è infatti tuttora sequestrato da quando i due colleghi di lavoro ed ex amici hanno denunciato il piastrellista-Paperoga per appropriazione indebita: «Quel tagliando superfortunato lo abbiamo acquistato insieme, quindi la vincita va suddivisa in tre — sostengono dal 2021 —. Tra noi c’era un patto ben preciso, avevamo anche contattato un notaio e un commercialista, ma Ricardo ci ha tradito e all’ultimo momento ha tentato di incassare da solo tutto il maxi malloppo».
Giovanni S., 51enne bresciano, e Christian C., 62enne trentino residente nel Veronese, hanno così fatto bloccare dalla Procura e dalla Finanza la vincita da due milioni dopo aver «saputo dai giornali» che Ricardo aveva riscosso «in solitaria» il malloppo […]
[…] Quel momento è stato ripercorso in aula dall’ultima testimone, la moglie dell’imputato: «Un giorno sono andata al mercato a fare la spesa e il bancomat era bloccato...Da lì ci siamo insospettiti e abbiamo saputo della denuncia...Siamo rimasti sorpresi, perché la vincita spettava solo a Ricardo, i biglietti li ha acquistati tutti lui. Non c’era nessun accordo per dividere i soldi, lo escludo. Mio marito aveva solo promesso un regalo a ciascuno di loro, a uno i denti nuovi per la compagna, all’altro un’auto. Ripeto, si trattava di un regalo perché erano amici e colleghi, niente di più».
Questo ha sostenuto nel corso della sua deposizione la signora Patrice, che a un certo punto si è abbandonata alle lacrime: «Io e mio marito […] eravamo felici, sereni, tranquilli. Ora non lo siamo più, siamo turbati, viviamo come sospesi. È tutto bloccato, vogliamo solo che finisca tutto questo...». Per la sentenza, però, c’è ancora da attendere.
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