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Marco Carta per “il Messaggero”
Aveva messo in piedi un vero e proprio traffico di materiale ferroviario rubato. Locomotori rivenduti sottocosto ai principali operatori del settore, che sono costati ad un 68enne di Ponzano Romano, titolare di una ditta edile, l'accusa di ricettazione, nel processo tuttora in corso, per aver commerciato materiale ferroviario «provento di reato di furto».
LA VICENDA
Il business nasce nel 2006 quando Rete Ferroviaria Italiana, la società per azioni che gestisce l'infrastruttura su ferro, costituisce un nuovo regolamento: alle aziende che vogliono partecipare agli appalti, come requisito indispensabile, viene richiesto il possesso in via esclusiva dei mezzi d' opera (locomotori, carrelli, betoniere, carri ferroviari di varia tipologia) circolanti su rotaia.
L' obiettivo è «scremare da una pletora incontrollata di ditte - scrive la polizia ferroviaria in una informativa agli atti - la partecipazione di aziende affidabili e controllate». Ma da quella data, nasce una vera e propria corsa all' accaparramento sul mercato, che porta le piccole e medie aziende a rivolgersi «a dei veri e propri faccendieri capaci di reperire in ogni dove, anche illegalmente, tali mezzi. Spesso all' insaputa degli acquirenti».
Che in buona fede acquistavano il materiale ferroviario, senza sapere che era stato rubato dai depositi di Trenitalia. Per l'accusa, rappresentata nell' udienza di ieri dal pm Gianluca Mazzei, l'imprenditore, insieme ad un suo collaboratore, avrebbe commerciato in questo modo almeno 7 mezzi: 4 locomotori e 3 carri pianali, ritrovati dagli inquirenti nei luoghi più disparati e probabilmente prelevati tramite gru.
Come il locomotore da manovra, scomparso a Napoli presumibilmente nel 2005 e scoperto in un cantiere della metro B in via dell'oceano indiano 5 anni dopo. O un altro locomotore, rubato presumibilmente nel 2007 dalle officine di San Lorenzo, e ritrovato in Algeria 4 anni dopo.
QUANDO LINDUSTRIA SI METTEVA IN POSA LOCOMOTIVA STABILIMENTO FERROVIARIO DI GENOVA
Prima di essere rimessi sul mercato, tutti i mezzi venivano completamente ripuliti dai loghi aziendali di Fs e reimmatricolati con una nuova sigla. Il 68enne, si legge nella relazione della polizia ferroviaria, «aveva trovato terreno fertile nella complicità di infedeli dipendenti di Rfi e di Trenitalia per la realizzazione del suo commercio da cui ha tratto profitti ingenti».
Il prezzo sul mercato nero di un locomotore si aggirava intorno ai 90mila euro più iva. Soldi che l'imprenditore avrebbe incassato vendendo mezzi di proprietà pubblica.
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