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«Se fossi all’esterno il mio impulso di uccidere sarebbe ritornato»; «Certe volte sento di essere un vero e proprio mostro e la cosa peggiore è che sento che ad una parte di me piace questa idea...».
Sono alcune delle riflessioni che si leggono sui manoscritti sequestrati in carcere a fine ottobre ad Antonio De Marco, il 21enne di Casarano (Lecce) reo confesso di aver ucciso nel settembre scorso l’arbitro leccese Daniele De Santis e la sua fidanzata Eleonora Manta nell’abitazione a Lecce in cui si erano da poco trasferiti.
La notizia è riportata in un articolo della Gazzetta del Mezzogiorno. «Io ho ucciso Daniele ed Eleonora perché volevo vendicarmi - scrive -: perché la mia vita doveva essere così triste e quella degli altri così allegra?».
E ancora: «E la cosa peggiore è che sento che se fossi all’esterno il mio impulso di uccidere sarebbe ritornato, sarei scoppiato a piangere, mi sarei arrabbiato, avrei fantasticato su come uccidere qualcuno e poi sarei andato all’Eurospin a comprare patatine e schifezze varie. È facile per me uccidere, magari non lo è stato da un punto di vista logistico, ma da un punto di vista emotivo è facile. Ma se uccidere non mi ha fatto ottenere nulla, allora probabilmente sentirei l’impulso di farlo ancora?».
La doppia personalità
Poi un riferimento all’omicidio: «Questo omicidio poi è la cosa che più mi spezza: una parte di me prova dispiacere (ma solo quello), un’altra è contenta....sì! È felice di aver dato 60 coltellate, poi c’è un’altra parte che avrebbe voluto fare una strage, come se fosse stata una partita a GTA... (Grand Theft Auto, videogioco molto violento)».
Tra questi brani ce n’è uno in cui De Marco parla di un pentimento: «L’altro giorno è successa una cosa strana, mentre leggevo “Cime Tempestose” (romanzo di Emily Bronte, ndr)... ho ricordato quella sera, la sera dell’omicidio, ma non come faccio sempre, è stato molto più forte... E per la prima volta ho provato un vero dispiacere per quello che ho fatto, forse ero addirittura vicino a piangere. Però se ci penso adesso non sento le stesse cose, non sento niente e basta, ma forse mi sto avvicinando ad un vero pentimento».
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