DAGOREPORT - BENVENUTI AL GRANDE RITORNO DELLA SINISTRA DI TAFAZZI! NON CI VOLEVA L’ACUME DI…
Alessandro Cannavò per il “Corriere della Sera”
Qualche tempo fa il magazine della casa editrice Taschen pubblicò, come immagine d'apertura di un servizio sui calciatori degli anni 70, una foto di Pelè e Beckenbauer, compagni di squadra nei Cosmos, che chiacchierano spensieratamente nudi sotto la doccia (in mezzo ad altri giocatori nella stessa condizione). Stanzone spartano, erogatori a muro uno accanto all' altro: una scena di ordinaria e naturale promiscuità virile. Nulla da eccepire nel farsi sorprendere da un obiettivo.
Chi frequenta gli spogliatoi di una palestra oggi ha di fronte con molta probabilità uno scenario del tutto diverso: luci soffuse, docce con porte satinate, wc ben protetti, mancanza di orinatoi. Lo raccontava su queste pagine Costanza Rizzacasa d' Orsogna in una testimonianza da New York che descriveva l'insicurezza dei Millennials (la generazione dei ventenni/trentenni) nel denudarsi davanti agli altri al termine delle sedute sportive.
Anche nei club italiani spesso si notano «giovani adulti» avviarsi alle docce in mutande o con il telo ben stretto alla vita; o ancora cimentarsi in acrobazie per rivestirsi velocemente. Un comportamento che spesso contrasta con quello più disinvolto (talvolta ai limiti dell' esibizionismo) dei cinquantenni orgogliosi di tenersi in forma.
Che cosa è diventato lo spogliatoio, il lato fragile della società dell' apparire? Ne è convinto lo psichiatra e sessuologo Marco Rossi: «Quel luogo dovrebbe essere il territorio di un sano confronto tra persone dello stesso sesso. L' ultimo rimasto, visto che ormai uomini e donne convivono in quasi tutti gli ambienti pubblici, esercito compreso. Un confronto giocoso ma anche sofferto che ruota, da che mondo è mondo, attorno alla dimensione del pene. Ma che ha sempre portato a una maturazione. Oggi non è più così. La realtà virtuale con l' ampio accesso al porno presenta modelli irraggiungibili. E allora meglio evitare confronti tra bello e brutto, restare sulle difensive. La nudità in certi posti diventa sconveniente».
Rossi usa un aggettivo che sembra arrivare da un' altra epoca. Ma con una valenza differente. «Se un tempo un atteggiamento era sconveniente per la società, oggi è sconveniente solo per se stessi».
«Bisogna considerare che negli ultimi decenni si è passati dalla palestra dei cultori dei pesi ai luoghi di wellness con un pubblico diversificato», spiega Luca Valotta, presidente di Virgin Active Italia. - Ma in Italia lo spogliatoio resta un punto di incontro, all' estero nei nostri club una buona parte dei clienti va a farsi la doccia a casa». C' è anche un calcolo in questa prudenza. Spiega Rossi: «É la consapevolezza di frequentare un ambiente in cui convivono eterosessuali e omosessuali: meglio non rischiare».
Senza arrivare agli esempi parossistici, l'ossessione estetica che si alimenta nella realtà virtuale non aiuta la nudità. Ne è convinto Diego Martone, presidente e fondatore di Demia, società di consulenze di mercato, che ha scritto il libro «I nuovi Dei dell' Olimpo dei Consumi: alla conquista dei Millennials».
Partendo da un'analisi economica, Martone è arrivato al corpo e alla sessualità, «perché per i ventenni la realtà virtuale è un' estensione della vita reale. Hanno sempre con sé un device, e possono ritoccare in ogni momento ogni immagine: quella di se stessi, innanzitutto. Ecco che la nudità di uno spogliatoio li trova disarmati».
«Questa manipolazione digitale continua può portare a non vedere la propria bellezza, a essere insoddisfatti, spesso senza ragione, del proprio corpo - spiega la docente di semiotica Giovanna Cosenza , che pure non vuole drammatizzare l' uso delle rete in un paese tecnologicamente ancora arretrato come l'Italia. - Penso agli ultimi libri di Sherry Turkle, paladina negli anni 90 del digitale. Ora lancia l' allarme su come si stia modificando il nostro sviluppo cognitivo e relazionale».
Lo scrittore Walter Siti individua una chiave socio-economica per il corto circuito nel linguaggio del corpo: «Una certa enfasi nell'esibire i propri muscoli era parente stretta del benessere economico; oggi in tempi di crisi il consumismo resta, ma dalla merce si è spostato alla comunicazione virtuale. Dove si chiede e si cerca di essere un altro».
Ma in fondo Siti, che ha intriso gran parte della sua produzione letteraria di tensione omoerotica, riesce a trovare analogie con le palestre americane dei culturisti «dove negli anni 70 mi sentivo come un bambino in pasticceria. I più fanatici finivano per parlare del proprio corpo in terza persona, parlavano di Lui. Lo spossessamento forse era già cominciato ».
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