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Da https://www.nextquotidiano.it
Quattro sono i poliziotti sospesi dal servizio per quattro mesi secondo quanto disposto dal gip Valentino Grimaldi e 15 in totale gli indagati per il pestaggio di un detenuto di nazionalità tunisina nel carcere di San Gimignano. Il reato ipotizzato è quello di tortura.
«Gli hanno abbassato i pantaloni», lui «è caduto» e hanno continuato a picchiarlo. «Sentivo le urla» racconta un detenuto, «poi lo hanno lasciato svenuto» in un’altra cella. Nell’ordinanza si parla di «trattamento inumano e degradante», di «violenza» e «crudeltà», hanno raccontato altri, tra cui alcuni condannati per camorra. Racconta oggi Repubblica che il detenuto tunisino non ha mai denunciato il pestaggio, ha rifiutato di farsi visitare dai medici. E quando gli hanno chiesto del taglio sul sopracciglio ha detto di essere caduto in cella. Chi indaga pensa che lo abbia fatto per paura.
A raccontare prima a un’operatrice penitenziaria, poi a scrivere direttamente delle lettere al tribunale di sorveglianza sono stati altri detenuti che si trovavano l’11 ottobre 2018 in quello stesso braccio dell’isolamento. Da lì partono le indagini. Cinque, tutti provenienti dalla sezione alta sicurezza, quindi in carcere per reati gravi. Camorristi e trafficanti di droga.
Uno di questi (in isolamento perché trovato con un cellulare in cella, cosa vietata dal regolamento carcerario) ha riferito di aver assistito al pestaggio dallo spioncino e di essere stato colpito da una guardia con un pugno alla fronte: due giorni di prognosi. Altri hanno raccontato di minacce da parte delle guardie: «Adesso vi facciamo vedere chi comanda a San Gimignano». O di frasi, contro il detenuto tunisino: «Perché non te ne torni al tuo paese?» «Non ti muovere o ti strangolo», «ti ammazzo».
Ad aiutare gli inquirenti nella ricostruzione di quanto accaduto, ci sono le immagini delle telecamere, benché siano schermate dai corpi degli agenti e le intercettazioni. Fra i reati contestati agli agenti, ci sono le minacce, le lesioni e anche la falsità ideologica per aver tentato di “addomesticare” i rapporti e seppellire le prove del pestaggio con pressioni e intimidazioni. Quello che sembra emergere dai fogli dell’inchiesta è che non si sarebbe trattato di un episodio isolato.
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