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ALL’IRAN SERVE UNA PERESTROIKA – TEHERAN È UNA BOMBA A OROLOGERIA CHE RISCHIA DI DESTABILIZZARE ANCORA DI PIÙ IL MEDIO ORIENTE. CON IL REGIME DI KHAMENEI MORENTE, AVANZA L'IPOTESI DI UNA “TRANSIZIONE POLITICA” – BERNARD GUETTA: “ESISTONO IN IRAN MOLTEPLICI BATTAGLIONI DI QUADRI RIFORMATORI, DICHIARATI O VELATI. LA SITUAZIONE È MOLTO SIMILE A QUELLA CHE IN UNIONE SOVIETICA FECE EMERGERE LA PERESTROIKA DI MIKHAIL GORBACIOV E QUESTE PERSONE A UN CERTO PUNTO POTREBBERO RIVESTIRE QUELLA FUNZIONE DI SUCCESSIONE…”
Estratto dell’articolo di Bernard Guetta per “La Stampa”
KHAMENEI ACCANTO AL RITRATTO DI KHOMEINI
L'Iran è un Paese di 90 milioni di abitanti che confina con Iraq e Turchia a Ovest; le monarchie del Golfo a Sud; Armenia, Azerbaigian e Turkmenistan a Nord; Afghanistan e Pakistan a Est.
Ricco di petrolio e costituito da minoranze etniche o religiose, l'Iran è quindi circondato da zone di conflitto, guerre aperte e stati sunniti con i quali questa culla dello sciismo è da sempre in competizione.
La Persia di un tempo, contro la quale Maometto aveva unificato la penisola araba nella nuova fede dell'Islam, è diventata dunque una bomba a orologeria. Ci sono tutte le ragioni per temere che il crollo del suo regime possa provocare a breve forti scosse interne, tali da ripercuotersi nell'intera regione. Il pericolo è enorme e per gli iraniani l'unico modo per scongiurarlo sarebbe quello di riuscire a predisporre una transizione politica tra la teocrazia moribonda e il regime delle libertà al quale aspirano in massa.
[...]
In Iran, invece, tutti quegli uomini, e anche tutte quelle donne, hanno creduto nella rivoluzione islamica che, nel caso di alcuni, hanno difeso fino a prendere parte alle repressioni di massa, ma di cui non sopportavano più la corruzione, la cecità e l'avventurismo regionale.
Molti hanno segnalato con discrezione il loro dissenso sui banchi del parlamento, sulla stampa, in ambito culturale o perfino ai gradini più alti dell'apparato. Altri di fatto hanno rotto con l'establishment teocratico, presentandosi esplicitamente come riformatori e candidandosi per funzioni elettive, come quella di sindaco, deputato o presidente della repubblica.
Di conseguenza, coloro le cui candidature non sono state silurate da istanze teocratiche sono diventati oppositori dall'interno del regime, sono stati subito emarginati, completamente paralizzati come Mohammad Khatami, il riformatore eletto alla presidenza nel 1997 e nel 2002, oppure sono stati messi agli arresti domiciliari come Mir Hossein Moussavi, candidato alle presidenziali del 2009 contro l'ultraconservatore uscente Mahmoud Ahmadinejad a favore del quale furono riempite le urne.
Esistono dunque in Iran molteplici battaglioni di quadri riformatori, dichiarati o velati. Il loro numero varia in modo considerevole a seconda delle amministrazioni, ma se ne trovano perfino nel clero.
La situazione in Iran è molto simile a quella che in Unione Sovietica fece emergere la perestroika di Mikhail Gorbaciov e queste persone a un certo punto – così si spera, perlomeno, incrociamo le dita – potrebbero rivestire quella funzione di successione che di norma dovrebbe spettare alle forze organizzate di opposizione che non esistono più ormai da tempo. In questo Paese in passato così politicizzato, i partiti e anche le correnti politiche sono state spazzate via da arresti, esecuzioni e assassinii di massa perpetrati da questa teocrazia spietata.
Se si escludono i riformatori usciti dal regime, per il momento non vi sono forze pronte a subentrare al potere, ma questo non significa che in Iran non vi siano oppositori.
Artisti, avvocati o scrittori: l'Iran conta numerose figure ammirate per il coraggio con il quale si sono opposte ai mullah. In futuro, nei dibattiti e nelle discussioni a venire, questi dissidenti avranno il loro peso, ma oltretutto le battaglie con le quali non hanno mai smesso di sfidare la Repubblica islamica da trent'anni a questa parte hanno dato vita anche a numerosissimi combattenti per la libertà.
I più anziani di loro, perlomeno cinquantenni, iniziarono a mobilitarsi per l'elezione e la rielezione di Mohammad Khatami. I più giovani sono scesi in piazza nel 2022 dopo la morte di una giovane donna assassinata dai miliziani del regime per non essersi ricoperta convenientemente con il velo. Il movimento "Donna, vita, libertà" è andato crescendo e, prima ancora, c'è stata la "Rivoluzione verde" del 2009, con le immense manifestazioni di protesta contro la rielezione manipolata di Mahmoud Ahmadinejad.
Ogni volta, il potere ha saputo riprendere il controllo ed effettuare una repressione più feroce della precedente. Soltanto l'anno scorso, i mullah hanno ordinato più di 500 condanne capitali. Questa lotta tra Paese reale e Paese legale che si rinnova incessantemente ha fatto però dell'Iran un paradosso assoluto.
Mentre la dittatura è crudele e le istituzioni repubblicane sono manovrate interamente dalle istituzioni religiose incarnate dalla Guida suprema, in nessun altro Paese al mondo si trovano altrettanti cittadini e altrettante cittadine con un'esperienza politica simile.
L'Iran è per eccellenza il Paese dei cittadini informati. Per scongiurare il caos, che ben presto potrebbe farsi cruento, basterebbe che i riformatori e i dissidenti più apprezzati caldeggiassero tutti insieme una transizione pacifica che permetta di creare uno scacchiere politico e di organizzare libere elezioni. Il tempo incalza. È questione di giorni.
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