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Francesca Caferri per “la Repubblica”
Giulio Regeni non è morto da solo. Né tantomeno da solo ha sofferto per giorni e giorni nelle mani degli apparati di sicurezza egiziani, sottoposto a torture difficili anche da immaginare. Di Giulio Regeni in Egitto ce ne sono tre o quattro ogni giorno: persone - moltissimi i giovani - arrestate dalle forze della sicurezza nazionale per poi scomparire per giorni, settimane, mesi. «Non è stato un caso isolato », aveva detto ad aprile la signora Paola Regeni, mamma di Giulio: il rapporto pubblicato oggi da Amnesty International, che sulla morte del ricercatore italiano ha lanciato insieme a Repubblica, una campagna internazionale, lo conferma.
"Egitto: ufficialmente tu non esisti. Scomparsi e torturati nel nome dell' antiterrorismo" raccoglie le testimonianze di quelli che dall' inferno delle prigioni egiziane sono riusciti a uscire o dei loro familiari: con le sue 70 pagine costituisce un atto di accusa durissimo contro il governo del presidente Al Sisi e contro il suo ministro dell' Interno Magdy Abdel Ghaffar, il cui nome, non a caso, è uscito fuori più volte nelle indagini sul caso Regeni: durante il suo mandato, iniziato nel marzo 2015, l' uso delle sparizioni forzate, sostiene Amnesty International, è aumentato in modo esponenziale.
egitto torture bunker regeni 3
Cosa ci sia dietro l' espressione "sparizioni forzate" che il mondo ha scoperto solo con il caso Regeni, lo ha raccontato ad Amnesty la mamma di Mazen Mohamed Abdallah, 14 anni, da 10 mesi nelle mani della sicurezza nazionale. Mazen è stato portato via dalla sua camera alle tre di notte del 30 settembre 2015 senza nessuna accusa formale da una trentina di poliziotti pesantemente armati: per più di una settimana la sua famiglia non ha saputo dove si trovasse.
Quando finalmente il luogo di detenzione è stato comunicato ai parenti, la madre si è trovata di fronte a un ragazzo denutrito, che le ha raccontato di essere stato stuprato più volte e minacciato: se non avesse confessato di aver partecipato ad atti violenti contro la polizia, l' intera famiglia sarebbe stata arrestata. Ad oggi, Mazen è ancora in carcere.
Dalla prigione è uscito invece dopo 122 giorni di inferno Islam Khalil. Il racconto delle torture subite ricalca in pieno quello che secondo gli investigatori italiani ha subito Giulio Regeni: botte, scariche elettriche su tutto il corpo (genitali compresi), lunghe ore appeso al soffitto della cella dalle braccia fino allo svenimento. Del suo racconto spicca una frase di uno degli uomini che lo interrogavano: «Possiamo ucciderti, avvolgerti in una coperta e buttarti in un secchio della spazzatura senza che nessuno chieda di te».
VIGNETTA GIANNELLI - AL SISI COLLABORA SUL CASO REGENI
Nessuno saprà mai se una frase simile sia stata detta a Giulio Regeni nei suoi ultimi giorni: quel che è certo è che per Amnesty International il suo caso è «la punta di un iceberg, parte di una più ampia realtà di sparizioni forzate da parte delle Forze di sicurezza e delle agenzie di intelligence egiziane». Per ricordare Giulio e le altre vittime egiziane, Amnesty organizza oggi un flashmob a Roma: appuntamento al Pantheon alle 10.30.
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