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Marco Giorgio per "Il Foglio"
Uno degli elementi che meno è stato innovato negli ultimi anni è quello delle batterie dei dispositivi mobili. Dopo il passaggio da nichel-cadmio al litio di inizio anni 2000, non ci sono state evoluzioni particolarmente significative e smartphone, tablet, pc e altri dispositivi sono equipaggiati da oltre dieci anni sempre con le stesse batterie al litio. In questo campo, le evoluzioni sono state tutte concentrate, da un lato, sull’aumento dell’efficienza hardware (processori, soprattutto) e software (sistemi operativi meno energivori); dall’altro lato, sull’aumento delle capacità (uno smartphone top di gamma di cinque anni fa aveva batterie intorno ai 2.500mAh, oggi tra i 3.300 e i 4.000mAh).
In tema di tecnologia delle batterie, e conseguente autonomia dei dispositivi, tutti i più grandi produttori mondiali di elettronica stanno cercando e sperimentando soluzioni nuove e innovative, in grado di risolvere i due principali problemi che tutti sperimentiamo ogni giorno con i dispositivi elettronici: periodo di autonomia (gli smartphone di oggi durano mediamente un giorno, mentre i vecchi cellulari arrivavano anche a una settimana) e velocità di carica. Gli sforzi di start-up e big del settore si stanno concentrando tutti su questi due aspetti.
Toshiba ci sta provando con una particolare tecnologia (chiamata SCiB), in grado di garantire capacità doppia rispetto alle attuali batterie al litio e di ricaricarsi in pochi minuti e non in diverse ore. I costi però sono ancora alti e ci potranno volere ancora anni di sviluppo.
L’Università della Florida sta testando delle batterie con cicli di ricarica praticamente infiniti (altro grande problema delle batterie attuali è che hanno un ciclo di vita limitato, per questo dopo un paio di anni le batterie dei nostri smartphone durano meno).
Oppure il MIT di Boston che sta sperimentando batterie che si ricaricano col movimento del corpo, un po’ come avviene per gli orologi automatici e anche qui i tempi si prevedono comunque lunghissimi, anche fino a cinque anni di sperimentazione.
Recentemente, anche Huawei ha presentato una batteria sperimentale (di 3.000mAh, amperaggio medio di uno smartphone) in grado di ricaricarsi del 48% in soli cinque minuti. Non si sa se e quando verrà commercializzata, ma i tecnici di Huawei si sono detti sicuri di essere sulla buona strada e che la velocità della ricarica sarà una caratteristica fondamentale per i device dei prossimi anni.
La velocità di carica è oggetto di ricerca anche di una promettente start-up israeliana, che si chiama StoreDot, che sta testando batterie che si ricaricano completamente nel giro di 60 secondi (e lo dimostra in un video che si trova su YouTube, già diventato virale), queste ricerche hanno consentito a StoreDot di raccogliere oltre 60 milioni dollari da diversi finanziatori internazionali (tra cui Samsung e Roman Abramovich).
Ma anche qui non è tutto litio quel che luccica, i costi sono ancora alti e le capacità di queste batterie con ricarica ultra-rapida sono ancora inferiori rispetto alle attuali. Tuttavia, questa è una delle ricerche in stato più avanzato e pare che già nel 2018 potremo vedere in commercio le prime batterie sviluppate dalla società israeliana.
Anche nel vecchio continente si muove qualcosa, l’Università di Cambridge già da qualche tempo sta sperimentando nuovi materiali per consentire di abbassare le differenze di voltaggio tra carica e scarica, in modo da ridurre al minimo le dispersioni e aumentare l’efficienza, ma anche qui ci vorranno ancora anni di studi. Tra questi nuovi materiali c’è il grafene, una sostanza solida ma porosa su cui scienziati di ogni materia stanno concentrando studi, data la sua incredibile versatilità che la rendono idonea ai più svariati utilizzi.
Proprio il grafene pare sia la chiave di (s)volta e potrebbe essere il materiale del futuro per batterie e non solo. Abbiamo perciò chiesto a Mauro Tortello, ricercatore del Politecnico di Torino e membro di una equipe nazionale (guidata dal prof. Renato Gonnelli) attiva anche nella ricerca sul grafene e che collabora con il Cambridge Graphene Centre, di aiutarci a capire meglio che cos’è questo nuovo materiale e perché sta diventando così importante:
Il grafene è un singolo foglio di atomi di carbonio, disposti in un reticolo esagonale, ed è il materiale più sottile al mondo. E' il primo rappresentante di tutta una nuova classe di materiali chiamati bidimensionali. Diversi fogli di grafene, uno sull'altro, formano la grafite. E' dunque altamente probabile che ciascuno di noi scrivendo con una matita abbia rilasciato dei piccoli fiocchi di grafene sul foglio di carta. Andre Geim e Konstantin Novoselov dell'università di Manchester sono stati in grado di isolarlo dalla grafite ed effettuare degli esperimenti per studiarne le proprietà. Hanno conseguito il Nobel nel 2010 innanzitutto per la scoperta di alcune sue proprietà fisiche fondamentali.
E’ perché è un materiale così particolare?
Andre Geim e Konstantin Novoselov
Ha delle eccezionali proprietà meccaniche ed elettriche: è più resistente dell'acciaio, è flessibile, possiede una elevata conducibilità termica e elettrica, è trasparente (assorbe solo circa il 2% della luce) ed è molto leggero.
La sua importanza, anche sui media, cresce di anno in anno, come mai?
Nel 2013 è iniziato uno dei più grossi programmi di ricerca mai lanciati in Europa con un finanziamento di 1 miliardo di euro per 10 anni con lo scopo di portare il grafene dal laboratorio alla nostra vita quotidiana. Il programma include dunque sia partner accademici che industriali.
Ecco, ma quali possono essere le applicazioni pratiche in futuro?
Il grafene viene prodotto e utilizzato per trovarne applicazione in moltissimi campi. In particolare, alcuni ambiti applicativi da notare sono il campo dell' Energia (che riguarda, ad esempio, le batterie, i pannelli solari e le fuel cells) e dell'Elettronica flessibile (inchiostri conduttivi, touch screen pieghevoli ecc.). Poi, sono anche molto interessanti le applicazioni in materiali nanocompositi, in cui il grafene è utilizzato e studiato in pneumatici, caschi, racchette da tennis, scarpe, componenti per il settore aerospaziale, materiali per isolamento termico e di ritardo alla fiamma.
Molto dipenderà dall'evoluzione e dalla maturazione dei metodi di produzione. I metodi più economici possono essere già impiegati nel campo dell'elettronica flessibile, utilizzando gli inchiostri conduttivi, o nei materiali compositi. Una strategia che viene perseguita è quella di cercare nuove applicazioni, perché si crede che il grafene sostituirà altri materiali esistenti solo se le sue effettive proprietà saranno tali da giustificare il costo (spesso molto elevato) richiesto per un cambiamento nel processo di produzione.
Proprio sul grafene, Samsung (in particolare il SAIT, ossia Samsung Advanced Institute of Technology) sta lavorando da anni. Già nel 2015 la casa coreana aveva annunciato di avere allo studio batterie con catodi rivestiti di grafene, in grado di evitare la formazione del carburo di silicio (causa del deperimento delle prestazioni) e capaci di generare densità energetiche superiori alle normali batterie fino a due volte, potendo quindi far stare una batteria da 4.000mAh nello stesso spazio degli attuali 2.000 mAh.
Dopo due anni pare che tali studi siano arrivati a un punto fondamentale e che stiano dando i risultati sperati, tanto che il SAIT ha pubblicato la ricerca su Nature e brevettato la tecnologia negli Stati Uniti e in Corea del Sud. Infatti, Samsung ha annunciato con un importante comunicato stampa che è riuscita a realizzare in laboratorio batterie che durano il 45% in più rispetto alle attuali e che si ricaricano completamente in meno di 15 minuti. Tutto questo grazie all’impiego proprio del grafene, che si è dimostrato 100 volte più efficace in termini di conduzione elettrica e permette ricariche 140 volte più veloci rispetto al silicio.
La notizia in questi giorni è rimbalzata su tutta la rete e sembra proprio una di quelle notizie in grado di preannunciare una vera innovazione anche nel campo delle batterie per dispositivi elettronici (che, come dicevamo in apertura, manca da anni) e il fatto che Samsung pubblichi prima la ricerca su Nature e poi un comunicato stampa in tutto il mondo evidenzia come si tratti di una notizia importante e di come il grafene possa essere il materiale di svolta per le batterie dei dispositivi dei prossimi anni.
L’utilizzo del grafene nelle batterie dei dispositivi dei prossimi anni potrebbe diventare uno dei campi di maggiore innovazione, in grado di far fare all’autonomia e ai sistemi di carica un balzo nel futuro. Forse non ancora nel 2018, ma nel 2019 potrebbero affacciarsi le prime reali novità in materia e avremo modo di vedere se veramente l’ansia da ricarica diventerà un brutto ricordo.
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