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NON UNA JIHADISTA DI MENO - UNA 22ENNE PACHISTANA RESIDENTE A BOLOGNA, A CAPO DI UN’ASSOCIAZIONE CHE PROMUOVEVA AL QAEDA E ISIS, SI SCAMBIAVA MESSAGGI CHE INCITAVANO ALLA JIHAD CON UNA 18ENNE DI SPOLETO DI ORIGINI ALGERINE: “ARRIVERÀ IL NOSTRO MOMENTO” – IN MANETTE SONO FINITE CINQUE PERSONE, DI ETÀ COMPRESA TRA I 18 E I 27 ANNI - NONOSTANTE LA GIOVANE ETÀ, LE DUE SOGNAVANO DI IMPORRE LA LEGGE ISLAMICA A ROMA - LE RAGAZZE HANNO FESTEGGIATO PER L'ATTACCO DI HAMAS DEL 7 OTTOBRE...

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(ANSA) - La Jihad, la guerra santa contro gli infedeli, come missione totalizzante, abbracciata in modo cieco, senza se e senza ma, con qualche timore di non essere abbastanza "pronte" ma comunque nella consapevolezza di non poter più star ferme davanti alle ingiustizie subite dai fedeli, tra questi il popolo palestinese di Gaza.

 

C'è questo, ma non solo, nelle conversazioni tra le due ragazze che coordinavano il gruppo dedito al proselitismo e alla propaganda pro Stato islamico sgominato dal Ros dei carabinieri alla vigilia di Natale dopo un'indagine della Procura di Bologna coordinata dalla Procura nazionale antimafia e antiterrorismo.

 

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La 22enne pachistana residente a Bologna, considerata la leader del gruppo, e la 18enne di Spoleto, nata in Italia da famiglia algerina, non solo nei numerosi post pubblici su Instagram, X e TikTok ma anche nelle loro chat private - emerge dagli atti - parlavano esplicitamente del bisogno di attivarsi per punire gli infedeli.

 

"Arriverà il nostro momento", si dicevano a maggio. Sognavano di portare la legge islamica a Roma, di vivere nello Shaam, nei Paesi come Siria e Palestina, con imposizione della Sharia. Proprio al popolo palestinese hanno manifestato più volte solidarietà, anche in riferimento a fatti riportati dai media come gli attacchi israeliani a Rafah. Hanno gioito dell'attacco di Hamas del 7 ottobre ma nei confronti dell'organizzazione terroristica nutrivano dubbi perché lontana dal vero Islam e nemici di Allah.

 

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Da un lato consigliavano accortezze per non essere scoperte da forze dell'ordine, dall'altro affermavano di non aver paura, anzi, di cercar loro stesse le chiavi del carcere se messe davanti a un bivio. In cella le due giovanissime ci sono finite, insieme al fratello 19enne della leader bolognese e al 'bro turco' 27enne che a Monfalcone (Gorizia) faceva proselitismo online e nei due kebab che gestiva.

 

La misura cautelare riguarda anche un quinto indagato, un 20enne di origine marocchina residente a Milano, "arruolatosi" in Etiopia a novembre. Domani la 22enne e il fratello 19enne compariranno davanti al gip Andrea Salvatore Romito del tribunale di Bologna per l'interrogatorio di garanzia. La ragazza è difesa dall'avvocato Simone Romano.