DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Valeria D' Autilia per “la Stampa”
«Andrebbero prese decisioni da economia di guerra. Diversamente, prima le famiglie e poi le imprese sono destinate a collassare, com' è successo a noi». Attilio Caputo è il direttore generale di Caroli Hotels, gruppo alberghiero pugliese con 275 dipendenti, tra indeterminati e stagionali. Insieme ai suoi fratelli è il titolare della storica catena da cinque strutture e mille posti letto tra Santa Maria di Leuca e Gallipoli. Che da sabato non accettano più prenotazioni: le bollette passate da 100 mila euro a 500 mila euro al mese obbligano alla resa. Tutti in cassa integrazione i 275 dipendenti, in attesa di tempi migliori.
Come siete arrivati a questo punto?
«Causa rincari. Le nostre quattro strutture nel Salento, nel biennio luglio-agosto, hanno ricevuto una bolletta di 500 mila euro. L'anno scorso, nello stesso periodo, non superava i 100 mila. E aggiungo che siamo una realtà certificata Ecolabel che già applica tutte le politiche di risparmio energetico con dotazione anche di impianti fotovoltaici. Questa decisione è stata sofferta: per tutelare l'azienda ci conviene chiudere. Non possiamo riversare questi aumenti sui clienti perché non sono in grado di sostenerli. È un disastro totale».
Adesso che si fa?
«Per ora siamo ancora operativi e le strutture sono piene. Gli impegni già in essere verranno rispettati, ma da questo momento non accettiamo più prenotazioni. Lavoreremo altri 40 giorni, non di più. I dipendenti finiranno in cassa integrazione. Questo significa interrompere un rapporto di collaborazione, ma anche umano.
Abbiamo persone che lavorano qui da sempre. Prima il padre, poi il figlio e ora il nipote. Abbiamo una responsabilità nei confronti di chi ha messo su famiglia o acceso un mutuo con la garanzia occupazionale. Saremo impegnati con AssoHotel a far sentire la nostra voce, considerando che il turismo esprime il 14% del Pil. Qualcosa dobbiamo pur contare. Ma così nessuno riuscirà a rimanere in piedi».
Che soluzione c'è?
«Stabilire un tetto massimo al prezzo del gas e dell'energia. Proprio la Puglia è al primo posto in Italia per produzione di energia da eolico e solare e si ritrova a pagare quanto le altre regioni. Lo Stato suggerisce il credito d'imposta e la dilazione dei pagamenti, ma non è così che risolveremo i problemi».
Qual è lo stato d'animo?
«Preoccupazione e amarezza. In gioco c'è tutta una storia e una tradizione di famiglia. Poi la rabbia che non dipende da una nostra inefficienza o da errori di valutazione, insomma dal rischio di impresa. È come se lo Stato ci avesse messo una tassa in più del 500%: fa rimanere allibiti. Il caro-bollette dovrebbe essere la priorità dell'Europa. Ci vantiamo di essere europei, facciamo ragionamenti sui massimi sistemi, parlando ad esempio della difesa unica. E invece non pensiamo agli aspetti economici che hanno anche un risvolto sociale. Forse stiamo vivendo la Terza Guerra Mondiale e non ce ne siamo ancora resi conto».
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