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Estratto dell’articolo di Fla. Ama. per “La Stampa”
I viaggi della Memoria «non sono gite». Ad Auschwitz «si va in silenzio, con vestiti adeguati», come «in un santuario», in «un modo civile, religioso, nostalgico» e «magari avendo saltato la colazione del mattino».
Pronuncia parole dure Liliana Segre, senatrice a vita. Lei ad Auschwitz è sopravvissuta e non ha mai voluto tornare e ieri al Senato, in occasione del voto sul ddl per i viaggi della memoria, ha voluto precisare il significato di un luogo che rischia di essere banalizzato dal turismo. Liliana Segre ha rievocato le immagini «di un gruppo di ragazzi olandesi «che sotto la scritta "Arbeit macht frei" entravano nel lager ascoltando musica e leccando un gelato».
«I viaggi della memoria - ha sottolineato - sono un punto molto particolare nell'ambito dell'insegnamento scolastico, etico e morale. Io sono tra i pochissimi sopravvissuti alla Shoah che non sono mai ritornati là dove ero stata prigioniera. Non me la sono mai sentita, anche se invitata ad altissimo livello». Era il 1995 - ha ricordato - «molti grandi personaggi del tempo andarono ad Auschwitz e qualcuno di loro mi invitò a guidare il gruppo.
Ma io non me la sentii. Quando poi ho letto e anche sentito in un servizio alla radio la descrizione delle pellicce che indossava la regina d'Olanda e anche Berlusconi, in quel momento ho pensato: come sono contenta di non aver accettato l'invito», ha raccontato Segre, che ha aggiunto: «È vero che erano passati 50 anni, ma l'idea che a nessuno fosse venuto in mente di non mettere la pelliccia...».
il braccio di liliana segre con il numero tatuato dai nazisti ad auschwitzauschwitzEbrei sopravvissuti ad Auschwitz
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