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Gabriella De Matteis e Giuliano Foschini per "La Repubblica"
A Bari è tornata la mafia. E da ieri è ricominciata anche una guerra. Tre morti, una trentina di colpi sparati con un kalashnikov in una domenica di sole e di comunioni. Il figlio del boss caduto sul colpo, altri due ragazzi che avevano l'unica colpa di trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato, crivellati di proiettili. Un agguato, una mattanza.
L'obiettivo era Vitantonio Fiore, 22 anni, precedenti per droga e armi. Ã il figlio di Giuseppe, 49 anni, boss del rione San Pasquale, in carcere per un duplice omicidio. Il ragazzo sapeva di essere nel mirino, girava con un giubbotto antiproiettile (moda oggi a Bari, negli ultimi tre agguati i feriti avevano tutti il giubbotto, particolare che rende il clima).
I morti per caso sono Claudio Fanelli, 31 anni, piccolissimi precedenti, un fratello in carcere: abita in quella zona, era sceso per giocare una scommessa insieme con l'amico Antonio Romito, 30 anni, anche lui piccole macchie sulla fedina, fratello di Vito, vittima di un agguato in questa zona. I due non erano con Fiore. Non avevano un appuntamento. Lo hanno incontrato per sbaglio, è possibile che siano stati scambiati per guardiaspalle. «Ma è anche possibile - ammette un investigatore - che non stessero nemmeno con Fiore. Che siano stati investiti da quella pioggia di proiettili per sbaglio».
Doveva essere un agguato quindi. Non una mattanza. Il rischio per i killer era però chiaro: spari in pieno giorno, in via Piemonte, quartiere San Paolo, popoloso e popolare, tre le bambine vestite da sposa per il giorno della prima comunione e le famiglie agghindate come soltanto nei giorni di festa, improvvisamente costretti a rinunciare ai balli di gruppo e a contare le pallottole conficcate sui muri. Il termometro dice 33 gradi, sono le due del pomeriggio, ma è meglio serrare balconi e finestre per rispetto ai parenti dei morti che urlavano: «Chiudi, chiudi. Non è la televisione».
Nessun dubbio dal numero (una quindicina) e dalla direzione degli spari, dice la Scientifica, che l'obiettivo fosse Fiore che infatti nonostante il giubbotto non ha avuto scampo. Era l'unico armato dei tre, ma non ha fatto in tempo a estrarre la 7,65 dal marsupio e rispondere al fuoco. Resta il perché dell'agguato.
Gli uomini della squadra Mobile, diretti da Luigi Rinella, hanno una pista. Ma non
vogliono scoprire le carte. Hanno accompagnato in Questura ieri una dozzina di persone, su un paio di loro verrà effettuato lo stub.
Una prima ipotesi è quella di una risposta all'agguato del 5 aprile scorso, quando fu ammazzato Giacomo Caracciolese, il capo del clan che contende nel quartiere di San Pasquale mercato della droga e delle estorsioni proprio alla famiglia Fiore. Un omicidio sul quale la procura di Bari stava arrivando a una conclusione: è da tempo che il procuratore Antonio Laudati lancia l'allarme mafia a Bari aggredendo le casse dei clan.
à di due giorni fa il sequestro di appartamenti e ristoranti in centro, di proprietà del clan Capriati che aveva riciclato e diversificato l'impresa. «Il ministro Alfano - ha chiesto ieri il sindaco di Bari, Michele Emiliano, che da magistrato aveva arrestato e fatto condannare il papà di Fiore - deve convocare immediatamente a Bari un Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica».
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