battesimo cosa nostra

NEL CATANESE UNA FAMIGLIA RITENUTA DALLA POLIZIA VICINA AL CLAN LAUDANI AFFIGGE DEI 6X3 PER CELEBRARE UN BATTESIMO. IL PUPO INDOSSA UNA BELLA COPPOLA BIANCA E LA SCRITTA È PROPRIO SPIRITOSA: “QUESTA CREATURA MERAVIGLIOSA…È COSA NOSTRA” – IL QUESTORE DI CATANIA È PIÙ SVEGLIO DI QUELLO DI ROMA E FA TOGLIERE I MANIFESTI. MA L’IMMAGINE FA IL GIRO DEL WEB E LA FIGURACCIA È DEGNA DEL FUNERALE DEI CASAMONICAS

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1. IL BIMBO È “COSA NOSTRA”. BATTESIMO IN COPPOLA SU UN MANIFESTO-CHOC

Valentina Raffa per “Il Giornale

 

BATTESIMO COSA NOSTRABATTESIMO COSA NOSTRA

Una foto gigantesca che immortala un bel bambino paffutello con coppola bianca, giacchetta che fa pendant, jeans e un paio di sandaletti blu. Da disegnare il sorriso sui volti di chi se l'è ritrovata dinanzi, affissa al muro, mentre guidava. Ma poi, come un pugno nell' occhio, ecco la scritta «Questa creatura meravigliosa è... cosa nostra», con tanto di «cosa nostra» evidenziato. «Addirittura», è l' unico commento non censurabile che viene in mente.

 

Ed è putiferio. Un tam tam che viaggia su internet, coinvolgendo i tanti fruitori dei social network di tutto lo Stivale. Il pupetto, schiaffato in gigantografia sui muri e gli appositi spazi per i cartelloni pubblicitari dei comuni tra Riposto e Giarre, nel Catanese, con particolare puntatina al quartiere San Giorgio, a Catania, non può ovviamente avere consapevolezza di cosa abbiano innescato quei manifesti 6x3 che annunciano il suo battesimo in grande stile, con la presenza di ospiti noti (da Andrea Azzurra di The Voice ad Angela di Uomini e Donne , a Claudio Tropea da Io Canto , e cantanti neomelodici, da Luigi Di Pino a Dany Diamante e Gianni Narcy) e persino la diretta radio della festa che si svolgerà oggi in una villa privata nel giarrese. Ma un giorno lo saprà.

 

PROCESSIONE MADONNA MAFIAPROCESSIONE MADONNA MAFIA

Questa storia rimarrà impressa tra le pagine più brutte della società italiana. Sono stati tanti i commenti di gente incredula e sgomenta. Specie nel vedere come la gioia di mamma e papà sul manifesto sembrerebbe più connessa alla frase choc sull' infelice appartenenza del piccolo che al battesimo. E la certamente non comune scelta dei genitori approda in questura dove il papà è un volto noto, in quanto è stato indagato in passato per associazione mafiosa e considerato vicino al clan dei Laudani. Per carità, sarà anche un mero caso. Ma la vicenda puzza eccome agli inquirenti, che, su disposizione del questore di Catania, Marcello Cardona, hanno rimosso i manifesti.

 

Per oggi previsto un servizio di vigilanza sullo svolgimento della festa dalla quale alcuni dei vip hanno preso le distanze (ma ieri sera il padre ha manifestato la volontà di «annullare»). Un dato è certo. È un battesimo già passato alla storia. E chi se lo scorda. Secondo alcuni fa il paio con i funerali in pompa magna dei Casamonica. Per il legale della famiglia non c' era alcuna intenzione di destare scalpore. Il manifesto sarebbe nato da un intento goliardico.

Anche questo dà da pensare.

SPEZIE PALERMO MAFIA SHOOTING SPEZIE PALERMO MAFIA SHOOTING

 

Possibile mai che non si abbia contezza di ciò che si scrive? È proprio vero, allora, quanto sosteneva Gesualdo Bufalino che chiamava in causa un esercito di maestre elementari, il solo capace di sconfiggere la mafia.

 

E di cultura parlò anche il giudice Paolo Borsellino, perché è su di essa che bisogna fare leva: «La lotta alla mafia dev' essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell' indifferenza, della contiguità e quella della complicità».

 

 

2. QUEL MARCHIO MAFIA IN VERSIONE CATTIVO GUSTO

Attilio Bolzoni per “la Repubblica

 

Povero piccolo, affiliato a sua insaputa. Antonio Felice Rapisarda, battezzato mafioso dal papà a Paternò, provincia di Catania, Sicilia. Un predestinato. Con questi boss da strapazzo, continuando di questo passo, avremo anche cannoli Cosa Nostra, cassate Cosa Nostra, arancine e sarde a beccafico Cosa Nostra. Tutto "firmato", la linea della casa o della Cosa, esibizionismi che a loro - quei galantuomini - fanno più danno (ma come non se ne rendono conto, come si può essere più coglioni?) che un mandato di cattura o una misura patrimoniale.

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Ma sono "tasci", pacchiani, questi mafiosi vecchio stampo che non solo non si mimetizzano come quelli veri e più contemporanei ma vantano quarti di nobiltà criminale davanti al mondo intero. Parenti e perdenti. Marchiano loro stessi e condannano al patibolo i loro eredi.

 

Un pomeriggio di tantissimi anni fa, almeno venticinque, ci siamo ritrovati fra gli stucchi e gli specchi dei sontuosi saloni di Villa Igiea - l' albergo palermitano sul mare dell' Arenella restaurato alla fine del XIX secolo dal famoso architetto dell' Art Nouveau Ernesto Basile su commissione della famiglia Florio - con le note de "Il Padrino" che arrivavano fin nel giardino, dove era posteggiata una Rolls Royce color panna dalla quale erano appena scesi marito e moglie. Lei era Vincenzina Marchese (sorella dell' autista di Totò Riina che poi si è pentito), lui Luchino Bagarella, il cognato dello "zio Totò" che momentaneamente per qualche aggiustatina di un processo era ergastolano a piede libero. Viva gli sposi.

 

RISTORANTI LA MAFIA l mafia medium RISTORANTI LA MAFIA l mafia medium

Poco corleonese come matrimonio, Totò e Ninetta avrebbero preferito sicuramente più discrezione. Ma così è andata. Il Padrino e la sua musica sono irresistibili per alcuni di loro, come quell' assessore regionale siciliano - in governi di centrosinistra e di centrodestra, tanto per farvi capire cos' era e cos' è la politica nei palazzi dell' isola - che sempre su quelle note girava per le vie di Canicattì a fare campagna elettorale. Nome all' anagrafe Vincenzo Lo Giudice, nome riconosciuto da tutti Mangialasagna per la sua voracità in tutti i sensi, amico di boss («Io non faccio parte della chiesa ma i parrini li rispetto») e condannato a svariati anni di carcere per 416 bis.

 

È più forte di loro, sembrano tutti controllati e «strutturati» e poi scivolano sulla buccia di banana. Come Rosalia Messina Denaro, la sorella dell' imprendibile Matteo, "Testa dell' Acqua", il presunto capo della mafia (scriviamo presunto non per peloso garantismo ma perché crediamo che i veri capimafia della Sicilia oggi siano altri), che fa sposare la figliola alla Cappella Palatina - basilica palermitana a tre navate all' interno del complesso architettonico di Palazzo dei Normanni, chiesa dedicata al santo Pietro Apostolo - e poi scoppia il bordello. Inutile dimostrazione di potere.

trattativa Forza mafia trattativa Forza mafia

 

Chi se lo sarebbe mai aspettato dai "Trapanesi", i più riservati di tutti, a volte ancora di più dei "Palermitani", che la materia - mafiosa - la conoscono e se la cantano e se la suonano? Fra gli Anni Cinquanta e Sessanta un trapanese, tale Fazio, che nessuno conosceva (figurarsi se era «attenzionato» dagli sbirri o dai magistrati, che con i boss ci andavano a braccetto) era il capo della Commissione regionale, il governo della Cosa Nostra. Eppure tutti in Sicilia, e in Italia grazie ai reportage di Bernardo Valli e di Indro Montanelli, in quell' epoca sapevano che il boss dei boss della Mafia era un contadino semianalfabeta di Mussomeli, Giuseppe Genco Russo.

 

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Era un pezzo grosso della politica - la Democrazia Cristiana - e un pezzo grosso del crimine. Si pavoneggiava come una star, rilasciava interviste, si faceva fotografare dai reporter dell' Ora, quotidiano indipendente della sera, «L' Ora, morti e feriti», «L' Ora, quanti ni cadiru, quanti ni muriru », quanti ne sono caduti, quanti ne sono morti, urlavano gli strilloni agli angoli delle strade di Palermo. E dunque, questo Genco Russo sapete come lo chiamavano dentro Cosa Nostra gli altri uomini d' onore? «Per noi Genco Russo era Gina Lollobrigida», raccontava il pentito Antonino Calderone al giudice Falcone nel gennaio del 1988. Attrice straordinaria, sex symbol di mezzo secolo fa, la Lollo era esuberante e appetitosa, ma nell' immaginario mafioso il vecchio e puzzolente "zù Pe'" risultava tanto popolare che l' accomunavano a lei. Insomma, uno che alla fin fine parlava assai e ostentava troppo.

 

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Mettersi in mostra non paga mai in quel mondo. Prendete i Casamonica di Roma e quell' indecente funerale celebrato ad agosto. Cavalli e cocchieri, i fiori e l' elicottero. Il prefetto Gabrielli ha detto quello che tutti volevamo sentirci dire: «La pagheranno cara ». È così, la pagheranno loro e - indirettamente - tutti quei vampiri della politica di Mafia Capitale. L' hanno fatta grossa. Danneggiamento incalcolabile per le consorterie criminali fra il Campidoglio e Ostia.

 

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Alla fine di questo articolo, ci viene in mente un video che un paio di anni fa abbiamo girato per Rep.it con Salvo Palazzolo sui nuovi boss di Palermo. La mafia e il loro mangiare. Anche quella volta ci siamo trovati di fronte a fanfaroni che preferivano ostriche e Monsciandò (Moët et Chandon) piuttosto che un piatto di pasta con le sarde e vino bianco di Salaparuta.

 

Li abbiamo pure visti che si baciavano in bocca quei nuovi boss. Si baciavano in bocca «ma senza lingua»