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Deve ancora compiere tre anni la persona più giovane che sia mai stata ibernata. I genitori di Matheryn Naovaratpong, soprannominata Einz, una bimba thailandese affetta da un tumore incurabile al cervello, hanno preso la decisione lo scorso gennaio, riferisce il sito della Alcor Life Extension Foundation, il centro in Arizona che ha seguito il caso. Prima di Matheryn la paziente più giovane ad avere ottenuto la conservazione criogenica era stata una 21enne, la persona più anziana ne ha invece 102.
LA TERRIBILE MALATTIA E LA SCELTA DEI GENITORI
Il 14 aprile 2014 a Matheryn è stato diagnosticato un ependiloblastoma, un tumore molto raro che colpisce i giovanissimi, che nonostante le cure aggressive, con oltre 12 interventi e decine di cicli di radio e chemioterapia, era arrivato a interessare l’80% dell’emisfero sinistro. La bambina è stata dichiarata legalmente morta l’8 gennaio 2015 a Bangkok.
«Quando è diventato chiaro che Matheryn aveva solo pochi mesi di vita, visto l’attuale livello delle cure mediche insufficiente a tenerla in vita - si legge nel comunicato dell’azienda, diffuso il 20 marzo, per cui la bimba è la paziente numero 134 e la prima proveniente dall’Asia - i genitori hanno completato tutti gli step per la sua criopreservazione, inclusa la crioprotezione del cervello».
UNA SCOMMESSA SUL FUTURO
La pratica di farsi ibernare sta diventando sempre più popolare negli ultimi anni nonostante gli alti costi, che possono superare i 200mila dollari (185mila euro). Al momento attuale la pratica è una «scommessa», visto che non ci sono dati scientifici sull’effettiva possibilità di «risuscitare» i corpi ibernati.
COS’È LA CRIONICA
La conservazione criogenica, o crionica, consiste nel conservare un essere vivente in condizione di biostasi. In questo caso si tratta di preservare a basse temperature il corpo di pazienti terminali, immediatamente dopo la morte legale, nella speranza che future tecnologie ne permettano un giorno il ritorno in vita.
In pratica, subito dopo il decesso fisico viene effettuata meccanicamente una manovra che consenta la ventilazione e la circolazione sanguigna, vengono somministrati degli anticoagulanti e altri medicinali che dovranno assolvere la funzione di antigelo e, in seguito, la temperatura del paziente viene abbassata fino a -130° (quasi la temperatura dell’azoto liquido): il risultato dell’operazione è la vetrificazione, una solidificazione senza congelamento. I pazienti vengono, poi, immersi in azoto liquido a una temperatura di -196°.
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