DAGOREPORT - LA MAGGIORANZA VIAGGIA COSÌ “COMPATTA” (MELONI DIXIT) CHE È FINITA SU UN BINARIO…
Luca Telese per la Verità
Evvai: tutti invitati allo «strage party», se ti sto divertendo clicca «Mi piace». Il quarantennale è l' anniversario di un delitto.
A due mesi dall' anniversario di via Fani, 16 marzo 1978, a scherzare sui 40 anni del sequestro di Aldo Moro, come se fosse una noiosa incombenza o uno spunto per divertenti parodie, è una di quelle terroriste che per quel delitto è stato processata, una signora che risponde al nome di Barbara Balzerani. È vero che in questo Paese tutti hanno rimosso la carneficina di via Fani, l' omicidio di Moro e l' eccidio della sua scorta, è vero che in Italia si può dire (quasi) qualsiasi cosa, ma quando una frase come questa compare in un post su Facebook vuol dire che la misura è stata superata. Nessuno può scherzare sui cadaveri rimasti a terra, sulle divise forate, sul martirio dello statista democristiano, sequestrato, segregato e trucidato in prigionia.
Ma se c' è una che su questi morti non può aprire bocca è proprio l' ex «primula rossa» delle Br, che in via Fani quel giorno partecipò all' azione senza far parte del gruppo di fuoco, ma dando il suo contributo attivo. Una brigatista che continuò a sparare fino al giorno del suo arresto, il 19 giugno del 1985, e che anche dal carcere, come vedremo, continuò a incitare i suoi compagni in armi a sparare.
BRIGATE ROSSE BARBARA BALZERANI
La Balzerani ha scontato 20 anni di condanne, l' ultima parte dei quali in semilibertà, è uscita nel 2006, quando ottenne la libertà condizionale, ha chiuso ogni pendenza con lo Stato solo nel 2011. Il delirante post sul profilo Facebook viene pubblicato il 9 gennaio e poi frettolosamente cancellato. Ma prima di questo maldestro tentativo viene letto, diffuso, addirittura esaltato in rete da decine di dementi senza memoria.
A smascherare la Balzerani, ironia della sorte, è stato un ex brigatista evidentemente ravveduto, Raimondo Etro, che le ha scritto una lettera aperta, sollevando il caso: «Signora Barbara Balzerani, mi rivolgo a lei per chiederle di tacere semplicemente in nome dell' umanità verso le vittime, inclusi quelli caduti tra noi». Ma di chi è di cosa stiamo parlando, dunque? Di una signora condannata a tre ergastoli per la sua carriera nella lotta armata. Di una che si vantava di essere irriducibile mentre altro terroristi si dissociavano.
Di un' imputata che il 12 febbraio del 1986, durante il processo alla colonna napoletana delle Brigate rosse - ho ricostruito questa giornata vergognosa in Cuori contro - urlò in aula mentre il presidente della corte di Napoli, Roberto Ajello, cercava in ogni modo di impedire a «compagna Luna» (questo il nome d' arte che si è data l' ex brigatista in un libro autobiografico) di leggere il suo proclama. Invano.
La Balzerani, prima con un foglio di carta, poi eludendo il controllo dei secondini, gridando e strepitando, riuscì a dettare la sua giustificazione di un delitto, con parole asciutte e feroci: «Rivendico l' omicidio di Landi Conti, noto costruttore e trafficante d' armi». Peccato che Conti, malgrado le deformazioni paranoiche del delirio brigatese, era in realtà il sindaco repubblicano che finì trucidato dalla stessa mitraglietta skorpion che aveva sparato sui ragazzi missini di Acca Larenzia e sull' economista democristiano Roberto Ruffilli. Il mite professore - è bene ricordarlo - fu fatto inginocchiare e poi freddato con un colpo alla nuca da quegli stessi epigoni a cui la Balzerani voleva far sentire il suo incoraggiamento, dicendo che la guerra non era finita.
Nel 2006 le polemiche furono tali che i magistrati di sorveglianza sospesero la sua procedura di scarcerazione.
Un anno dopo, svanito il polverone, la liberarono. Da allora la Balzerani ha scritto sei libri, e da pochi mesi in Francia è apparsa l' edizione francese della sua autobiografia sulla lotta armata (Camarade Lune), accompagnata da conferenze e dichiarazioni in cui l' Italia del 1978 è descritta dall' ex terrorista come una dittatura cilena. In un' intervista di quest' anno la Balzerani ha spiegato che lei sente il bisogno di scrivere per rimettere a posto i conti con la storia, lamentando che «Le Br sono state sconfitte grazie alla tortura».
Giovanni Ricci, figlio di Domenico, uno dei carabinieri della scorta di Moro, l' uomo che guidava l' auto il giorno della strage, è stato uno dei primi a ricevere la segnalazione di Etro e a scrivere un post infuocato (e cancellato). Adesso cura - insieme con Giampaolo Mattei - Memoriandotv, un bellissimo canale di storia online e (senza clamore) ha segnalato il post sul «quarantennale».
Quanto a Etro, fu l' armiere della strage, peró ha almeno il merito di aver cambiato vita: «Oggi», ha raccontato Fabrizio Caccia sul Corriere della Sera, «ha 61 anni e vende libri e francobolli su eBay, ma si è fatto 16 anni di carcere». La lettera aperta di Etro alla sua ex compagna di lotta è sottoscrivibile in ogni riga: «Dopo avere letto il suo commento su Facebook nel quale (goliardicamente dice lei) chiede di "essere ospitata oltre confine per i fasti del quarantennale"...
avendo anch' io fatto parte di quella setta denominata Brigate rosse... Provo vergogna verso me stesso... E profonda pena verso di lei, talmente piena di sé», conclude Etro, «da non rendersi neanche conto di quello che dice». Scrive l' ex Br: «Il silenzio sarebbe preferibile all' ostentazione di sé».
Commenta mesto Giovanni Ricci: «L' eco terribile di questa storia non è quel post pubblico, ma i 100 commenti scherzosi e apologetici che ho letto in coda, uno per uno, sotto le parole della Balzerani».
Forse lo Stato magnanimo che ha «graziato» gli assassini dovrebbe anche poter sospendere i benefici di pena a quelli che ancora si vantano del sangue versato.
L AGGUATO DI VIA FANI DELLE BRIGATE ROSSE PER RAPIRE ALDO MOROL AGGUATO DI VIA FANI DELLE BRIGATE ROSSE PER RAPIRE ALDO MORO
ALDO MORO 11L AGGUATO DI VIA FANI DELLE BRIGATE ROSSE PER RAPIRE ALDO MORO
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