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Giacomo Talignani per “la Repubblica”
La prima risposta alla domanda «chi c'è dietro Greta?» è banale quanto vera: i suoi genitori. Mentre milioni di ragazzi ieri sono scesi in strada ancora una volta per chiedere la garanzia di un futuro, i detrattori di Greta Thunberg continuano a confabulare sulla possibilità che alle spalle del fenomeno della giovane paladina ci sia un' enorme operazione di marketing.
È stato detto di tutto: da una macchinazione guidata da George Soros passando per un guadagno personale della famiglia Thunberg sino a una strategica campagna pubblicitaria avviata dall' imprenditore svedese Ingmar Rentzhog per sfruttare l' immagine della sedicenne.
Eppure, sostiene lei stessa, nel cerchio magico di Greta ci sono oggi pochissime persone che la aiutano a condurre le sue battaglie. In primo luogo i suoi genitori. Quando a gennaio alcuni giornali scandinavi avanzarono l'ipotesi che dietro alla sedicenne ci fossero gli interessi della società "We Don't Have Time" guidata da Rentzhog, con la consueta determinazione Greta rispose su Facebook alle campagne d'odio. Per la prima volta spiegò punto per punto la sua storia, negando qualunque coinvolgimento commerciale.
Si parte dall'idea dello sciopero davanti al Parlamento svedese, il 20 agosto 2018, nato dopo una chiacchierata con Bo Thorén di Fossil Free Dalsland. Greta era una 15enne sconosciuta «e i miei genitori non erano d'accordo». Conobbe davvero Rentzhog, ma non concesse alcun diritto d'immagine. Poi, complici media e social, la sua storia diventò virale e salì sul palco del Cop24 in Polonia. Parlò di «futuro rubato» e lanciò le fondamenta di Fridays for future.
greta thunberg durante la marcia per il clima a new york
Fu costretta ad attrezzarsi: i suoi discorsi li scriveva e li scrive da sola (anche quello all'Onu) ma ha affidato parte della comunicazione al Gscc, il network Global strategic communications council che affronta la crisi climatica.
Per i numerosi viaggi paga la famiglia. Si sposta in treno, mai in aereo per evitare alte emissioni di CO2. A finanziarla sono la madre Malena Ernman, cantante d' opera famosa, il padre Svante, attore e regista e i fondi del nonno paterno, Olof, in passato attore di teatro: la famiglia Thunberg è più che benestante, pagare biglietti, spese mediche e alloggi non è un problema.
Nel frattempo Svante, un po' come aveva fatto prima Malena, rinunciando a viaggiare per stare vicino alla figlia con la malattia di Asperger, ha abbandonato gradualmente il lavoro per diventare una sorta di manager della figlia, da guardaspalle a pr, e soprattutto padre che vuole proteggerla. I soldi non c'entrano, sostiene Greta, nessun attivista incassa: «Lo facciamo per la Terra».
Il denaro che entra arriva dai proventi del suo libro "La nostra casa è in fiamme": ma andranno «in beneficenza ad 8 Ong e associazioni» scelte da lei e alla sorella minore Beata che ora la affianca nelle battaglie. Tracciare questo denaro può apparire complesso e bisogna ancora sapere esattamente dove finiranno i proventi del film di Nathan Grossman, ma i Thunberg assicurano trasparenza. Questo regista, della scandinava B-Reel Films, segue sempre la 16enne ed era con lei anche sulla Malizia II, la barca messa a disposizione dal Team Malizia con Pierre Casiraghi per la traversata dell' Atlantico.
Anche qui polemiche per le spese di viaggio: parte dei fondi è stata messa a disposizione da Team e Fondazione Alberto II di Monaco e la famiglia Thunberg sostiene di aver «contribuito» ai costi. Per rispondere agli odiatori, Svante ripete che nessun incasso vaalla famiglia. È però innegabile che ci siano spese importanti, dalla logistica al cibo. «Sono sostenute da più gruppi», dicono i Thunberg, realtà che agiscono gratuitamente. Per la logistica, soprattutto in America, hanno alle spalle organizzazioni come Climate Nexus, Every Breath Matters o 350.org.
Greenpeace Sweden fornisce il cibo a Greta e altri attivisti. Un gruppo di scienziati, come Johan Rockstrom, Stefan Rahmstorf, Kevin Anderson o Glen Peters, offre a lei e al padre consulenze sui dati scientifici. Ma soprattutto ci sono i ragazzi, i suoi amici e compagni di scioperi. Con Xiye Bastida, Alexandra Villasenor o Luisa Neubauer Greta ha costruito una rete che segue dai social alle manifestazioni. «È un movimento orizzontale e trasparente - commenta Claudio Magliulo di 350.org - . È più facile attaccarli con le fake news che confrontarsi sui dati scientifici. A volte penso che gli unici veri adulti, oggi, siano i ragazzi».
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