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Elvira Serra per il “Corriere della Sera”
C' è chi ha lasciato per la prima volta il figlio da solo a casa.
C' è chi se l' è dovuto portare in ufficio. Chi lo ha affidato ai nonni. E chi ha dovuto trovare una babysitter nel giro di una settimana. In queste prove pratiche di normalità i bambini si confermano i grandi dimenticati dagli strateghi della ripartenza. Perché se ieri hanno ripreso il via attività non delegabili allo smart working, è rimasta invariata la necessità di gestire uno o più figli, spesso senza aiuti familiari. Una missione che mamme e papà non possono permettersi di definire impossibile, anche senza mezzi sofisticati come quelli dell' agente Ethan Hunt.
Rosella Mariani, per esempio, biologa dell' Arpae dell' Emilia-Romagna, ieri ha lasciato Pietro a casa da solo tutto il giorno. E per la prima volta, a dodici anni, il suo unico figlio si è dovuto preparare il pranzo. «Alla fine mi ha chiamato soltanto due volte», racconta per telefono dal laboratorio di microbiologia delle acque di Bologna. «Una perché il professore di educazione fisica gli aveva dato meno e c' era rimasto male. L' altra perché non si ricordava come doveva scaldare la pasta...».
In condizioni normali sarebbe andato dai nonni. «Ma quello paterno ha problemi di salute e non me la sento di metterlo in pericolo. Per fortuna non devo lavorare in sede tutti i giorni». Il debutto di Pietro è stato senza danni, ha fatto per tre ore lezione online, poi i compiti, ma non ha potuto godere del «premio» finale, una passeggiata con gli amici, perché si è messo a piovere. In compenso ha potuto giocare a Fortnite fino alle sette e mezzo di sera.
Cinzia Leggieri, 42 anni, produttrice di un service romano di programmi tv ed eventi, è stata costretta a fare una scelta ancora più estrema. La babysitter del suo Giuliano, che ha quattro anni, non è ancora tornata da Firenze dopo il lockdown e così ne ha dovuto cercare un' altra in fretta e furia sul sito Sitly. Racconta: «Sono stata fortunata.
Una settimana fa abbiamo fatto il primo colloquio a Maria Elena, che studia canto al Conservatorio. Al bambino è piaciuta subito e anche a noi.
Abita a 500 metri da casa nostra, così non deve prendere mezzi pubblici per venire. È molto creativa, si è presentata con un libro sul Flauto magico e con il gioco dello Shangai. Giuliano era stanco di stare sempre con noi, verbalizzava la sua insofferenza, avrebbe preferito rientrare a scuola.
Non so se è l' effetto novità, ma a me e al padre ora sembra più contento».
Forse il punto è che i genitori confidano poco nelle capacità di adattamento dei loro figli. Di questo è convinto il pediatra Roberto Albani, esperto di genitorialità, autore di moltissimi saggi tra i quali Come parlare ai nostri figli . Spiega: «Stiamo vivendo una situazione assolutamente inedita, di quelle che capitano una volta in un secolo. I genitori sono vinti dai sensi di colpa, per una volta sono costretti a dire di no. E i figli, che prima vivevano la frustrazione del no come sporadica, hanno avuto l' opportunità di adattarsi».
È per questo che si dichiara ottimista: «I bambini sono sempre curiosi di vivere nuove esperienze. Ora sarà molto importante che i padri e le madri assumano un atteggiamento non condizionante, non stiano troppo in ansia per loro, li lascino capaci di trovare in sé nuove risorse».
Enrico Fois fa il grafico e vive a Sassari. Quando ieri ha provato a dire a Gabriele, 11 anni, e Nicola, 7, che la scuola sarebbe ricominciata il primo giugno, i figli per poco non si sono sentiti male. Scherza: «Dei compiti non ha nostalgia nessuno di loro, ma dei compagni sì, il più piccolo soprattutto. È stato emozionante quando ha festeggiato il compleanno virtuale di un' amica». Lui ieri se li è portati in studio, un open space di 80 metri dove lavora con il socio.
«Hanno fatto i compiti, sono stati tranquilli finché la madre, Barbara, non ha finito il turno al Cim dove è psichiatra ed è venuta a riprenderli». Devono fare così per forza: i nonni sono fuori gioco.
Sara D' Uffizi, invece, 37 anni romana, per il suo Leonardo di tre anni e mezzo di nonni ne ha messi in pista tre: quelli paterni e la materna.
Lei ha ricominciato ad andare al lavoro il 4 maggio, suo marito Stefano ieri. «Lui è titolare di un negozio di abbigliamento. Per adesso non vediamo alternative: mia madre si è dovuta trasferire a casa nostra, i genitori di Stefano vivono qui accanto, ma sono anziani e non potrebbero tenere il bambino tutto il giorno».
Con molta pazienza la missione non è stata impossibile per nessuno (impegnativa, sì).
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