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Felice Cavallaro per il “Corriere della Sera”
Per un errore banale, dicono gli avvocati del Comune, per un refuso nella trascrizione delle particelle catastali, la famiglia del vecchio boss di Cinisi coinvolta nell'omicidio di Peppino Impastato torna proprietaria di un bene confiscato dall'Antimafia.
Un errore di burocrati, magistrati e investigatori infine beffati da Leonardo Badalamenti, dal rampollo di «don Tano», il figlio di «Tano Seduto», come lo chiamavano dalla loro radio nel 1978 i ragazzi dei Centopassi. Come nel gioco dell'oca, si torna alla casella di partenza per il casolare di Contrada Uliveto, tolto al boss e assegnato nel 2010 al Comune di Cinisi. Si chiude con la presentazione dei libri antimafia, con convegni e visite guidate sulla strada della legalità.
Con soddisfazione di Badalamenti junior, rientrato quattro anni fa dal Brasile dove era ricercato per traffico internazionale di droga, adesso forte di due sentenze, di cui una definitiva. Era stato lui a minacciare il sindaco Gianni Palazzolo che, «dopo avere spesso 400 mila euro di fondi europei per la ristrutturazione», aveva assegnato l'immobile all'associazione costituita dal fratello di Peppino Impastato, Giovanni, e da sua figlia Lucia.
Un movimento di aggregazione giovanile diventato «Casa Felicia», in memoria della madre coraggio di questo martire dilaniato da una bomba mafiosa. Appunto, Felicia Impastato, proprio la donna che nell'aula bunker di Palermo puntò il dito contro il vecchio boss Tano Badalamenti, poi condannato. C'è questa storia, trasformata in un capolavoro cinematografico da Marco Tullio Giordana con un giovanissimo Luigi Lo Cascio nei panni di Peppino dietro il paradosso giudiziario annunciato da una scarna nota dell'Agenzia dei beni confiscati: «Il 26 aprile dovremo restituire l'immobile al figlio di don Tano, perché venne commesso un errore nelle procedure...».
Trionfa Badalamenti junior, arrestato dalla Dia nell'agosto 2020, ma poi scarcerato. Vittorioso anche su quel fronte. La Corte di appello decise infatti di non potere accogliere la richiesta di estradizione «perché viola alcuni punti del trattato bilaterale con il Brasile».
Un altro cavillo, tuonano al Comune di Cinisi dove il sindaco non considera quella del casolare una battaglia persa: «Nonostante la sentenza, Badalamenti non può tornare in possesso del bene perché quando l'Agenzia lo assegnò a noi non valeva niente e solo dopo la ristrutturazione ha acquisito un vero valore».
Dall'altra parte rimproverano il sindaco di contestare le sentenze: «Dovrà cedere le chiavi». Secca la replica: «Il codice antimafia prevede che riavranno il casolare solo pagando un congruo indennizzo». Vicenda spinosa. Un contrasto che si gioca anche al tribunale di Trapani dove il figlio di «don Tano» ha denunciato il sindaco per appropriazione indebita, con procedimento seguito da una controdenuncia del primo cittadino per calunnia.
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