DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Jacopo Iacoboni per "la Stampa"
Il caso dei giornalisti intercettati, senza essere indagati, dalla Procura di Trapani è destinato a non chiudersi facilmente, e potrebbe creare altri problemi. Secondo due fonti convergenti a conoscenza della vicenda, sono stati "profilati" anche i giornalisti stranieri (che non erano intercettati) in contatto con i reporter italiani, «tra cui alcuni spagnoli», il che aprirà un altro capitolo assai imbarazzante per l'Italia anche sul piano geopolitico.
Emergono via via sempre più elementi che fanno discutere, oltre a quelli che hanno già spinto la ministra di Giustizia Marta Cartabia a ordinare accertamenti su cos' è avvenuto a Trapani, e a Roma. Alcuni ce li racconta Nancy Porsia, la cronista free lance che è stata l' unica a essere intercettata direttamente.
Porsia in passato si è occupata molto di Libia e Tunisia. Il suo lavoro, già fin dal 2016, e quello del giornalista di Avvenire Nello Scavo hanno contribuito a svelare molte zone d'ombra delle vicende italo-libiche, per esempio l'ascesa dell'allora sconosciuto «comandante Bija», e la sua singolare, ripetuta comparsa in Italia. O a svelare elementi sui nuovi network criminali attivi in quei teatri, per esempio il clan Dabbashi.
Porsia ci è riuscita grazie a un'ampia rete di contatti libici e di lavoro sul campo. Le sue inchieste hanno finito per far gola a chi doveva investigare, mettendo a rischio la sua sicurezza e quella delle sue fonti? Lei risponde: «Anche volendo ammettere che le mie conversazioni fossero così "importanti per l'indagine", come è scritto, perché poi non vengono menzionate nell' informativa, e finiscono invece solo nelle trecento pagine di allegati? Hanno usato l'inchiesta della procura, ma cercavano altro».
Peraltro, ci riferisce, anche negli allegati queste sue conversazioni sono riportate selettivamente: «Hanno scelto solo qualche telefonate, altre no, e io non so quindi in base a quali criteri, cioè fino a che punto è stata violata la sicurezza delle mie fonti, chi ci è finito dentro dei miei interlocutori». In teoria, ricorda, «secondo il comma 2 dell'articolo 266 si può essere intercettati anche senza essere indagati, ma per un massimo di quindici giorni».
Gli ascolti delle sue chiamate sono stati invece prorogati per mesi, da luglio a dicembre 2016. Perché? Per cercare cosa, e con quali diritti? Hanno avuto un ruolo lo Sco, il servizio centrale operativo della polizia, o l'allora ministero dell' Interno, guidato da Marco Minniti? «Nei fatti - ha osservato il giornalista Antonio Massari, un altro dei cronisti intercettati - la procura di Trapani arruola Porsia, a sua insaputa e senza il suo consenso, come un agente sotto copertura».
Sergio Scandura, inviato di Radio radicale, anche lui intercettato, è amaro: «Ti accorgi che forse qui è stato sposato il modello del ministero degli Affari interni di Mosca e non quello di un Paese dell' Unione europea». Nello Scavo riflette: «Un così massiccio ascolto delle conversazioni dei giornalisti con le proprie fonti provoca un danno collaterale: molte delle fonti riservate adesso temono di venire individuate. Già in queste ore abbiamo percepiamo il timore di alcune di queste fonti. Il diritto di essere informati ancora una volta viene messo a rischio».
Anche nel caso di Scavo sono finite allegate due sue telefonate a don Mosè Zerai, indagato per favoreggiamento dell' immigrazione clandestina, nelle quali peraltro si parla della strage di Misurata del 2011, non dei fatti dell' inchiesta. Oltretutto, la Procura ha chiesto ora l' archiviazione di don Zerai, perché allegare le intercettazioni di un giornalista?
2 - INTERCETTAZIONI E INDAGINI CONTRO I GIORNALISTI CHE SCRIVONO DI LIBIA E MIGRANTI
Andrea Palladino per “Domani”
Nelle carte dell’inchiesta di Trapani appaiono nomi di fonti, contatti, rapporti personali, dati che il codice di procedura penale tutela come segreto professionale. Il caso più eclatante riguarda Nancy Porsia, giornalista esperta di Libia, intercettata a lungo, anche durante le telefonate con il proprio legale Alessandra Ballerini. Intercettati anche i cronisti di Avvenire, Radio Radicale, Il Fatto Quotidiano e la reporter Francesca Mannocchi, autrice di inchieste sulla Libia. Fausto Biloslavo, del Giornale, e Claudia Di Pasquale, di Report.
Sono centinaia le pagine di intercettazioni, trascritte e depositate nell’inchiesta sulle Ong della procura di Trapani, che riguardano i giornalisti. Nomi di fonti, contatti, rapporti personali, dati che il codice di procedura penale tutela come segreto professionale. Nelle carte dell’indagine contro la Jugend Rettet, Save The Children e Medici senza frontiere non c’è solo la caccia alle Ong. A finire nel mirino della polizia giudiziaria - lo SCO, la squadra mobile di Trapani e il comando generale della Guardia costiera - è anche l’informazione che dal 2016 racconta lo scenario delle morti per affollamento nel Mediterraneo centrale.
Il caso più eclatante riguarda Nancy Porsia, giornalista esperta di Libia. È stata intercettata a lungo, anche durante le telefonate con il proprio legale Alessandra Ballerini nelle quali riferiva la preoccupazione per le minacce ricevute dalle milizie libiche guidate da al-Bija. Alla sua attività di reporter è stato riservato un lungo dossier. Nel documento di 22 pagine - datato 27 luglio 2017, firmato SCO, squadra mobile e comando generale della Guardia costiera - ci sono fotografie, contatti sui social, rapporti personali e nomi di fonti in un’area considerata tra le più pericolose dell’africa del nord.
Nell’informativa i funzionari di polizia riportano i contatti di Porsia con altri giornalisti internazionali, i suoi movimenti e anche alcuni dati personali. L’intercettazione è stata richiesta ed autorizzata con la funzione di “positioning”, ovvero con il tracciamento degli spostamenti dell’utente. In altre parole la giornalista è stata di fatto seguita telematicamente per lungo tempo. Sono state poi trascritte anche le telefonate di Porsia con altri giornalisti italiani, dove si parla della situazione libica e di come muoversi in quel contesto. Tutti dati assolutamente irrilevanti per le indagini in corso. Nancy Porsia non risulta mai indagata. Nella telefonata con il legale - che la legge vieta di trascrivere e divulgare, a tutela dei diritti della difesa - viene dichiarato apertamente il rapporto fiduciario. Nella sintesi della telefonata vengono anche riportati spostamenti al Cairo dell’avvocato Ballerini, attiva anche sul caso di Giulio Regeni
falso fermo immagine dal video dei lager libici
Molti altri giornalisti sono stati intercettati indirettamente. Alcuni indagati sono esponenti di spicco delle Ong. Era, dunque, assolutamente normale il rapporto - spesso fiduciario - con i giornalisti che seguivano i flussi migratori provenienti dalla Libia. In molti casi nel corso delle telefonate viene fatto riferimento a fonti di informazioni spesso sensibili. L’inviato di Avvenire Nello Scavo, ad esempio, viene intercettato mentre parla con una sua fonte sulle modalità per ricevere un video che dimostra le violenze subite dai migranti in Libia.
Nelle carte sono riportati anche i contenuti delle conversazioni della giornalista Francesca Mannocchi con esponenti delle Ong, dove si fa riferimento ai viaggi in Libia. Era il 2017, l’anno più difficile e complesso nel paese del nord Africa e i pochi reporter che si recavano a Tripoli spesso correvano alti rischi. E’ stato intercettato anche il cronista di Radio Radicale Sergio Scandurra, mentre chiedeva informazioni ad alcuni esponenti di organizzazioni umanitarie, impegnate in quei mesi nei salvataggi dei migranti.
Negli atti sono poi finite diverse telefonate del giornalista del Fatto quotidiano Antonio Massari che raccontò nell’agosto del 2018 i rapporti tra gli operatori della Imi e Matteo Salvini. Anche in questo caso il cronista stava parlando con alcune fonti. </p><p> Intercettati, infine, anche Fausto Biloslavo, del Giornale, e Claudia Di Pasquale, di Report. La giornalista della Rai è stata ascoltata mentre parlava con Nancy Porsia. </p><p> L’ex ministro dell’Interno Marco Minniti, responsabile del Viminale all’epoca delle indagini e delle intercettazioni, interpellato da Domani, non ha voluto commentare.
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