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Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”
Gaspare Spatuzza ha fatto un altro passo verso la libertà. La Corte di cassazione ha annullato l'ordinanza con cui il tribunale di sorveglianza gli aveva negato, nel settembre scorso, la liberazione condizionale, e ora la posizione del pentito che ha riscritto la storia delle stragi di mafia e smascherato i depistaggi sulla morte di Paolo Borsellino dovrà essere nuovamente valutata dai giudici che si occupano dei detenuti. Ma dopo la pronuncia della Cassazione la strada, se non obbligata, appare segnata.
Oltre all'avvocata Valeria Maffei, che assiste l'ex mafioso, è stata la Procura generale della Cassazione a sollecitare l'accoglimento del ricorso, sostenendo che la collaborazione con la giustizia resta lo strumento principale per valutare il percorso di allontanamento degli affiliati dalle organizzazioni criminali, e ottenere i benefici penitenziari.
Nel caso specifico di Spatuzza, quella collaborazione è stata particolarmente rilevante, giudicata più volte attendibile e proficua da Procure e Corti d'assise, fino a determinare la scarcerazione di sette ergastolani innocenti arrivata dopo lunghi anni di detenzione. Inoltre, nel suo caso, il pentimento avvenuto nel 2008, dopo 11 anni di reclusione, s' è aggiunto a una resipiscenza da considerarsi reale e credibile. Due elementi - collaborazione e «esternazioni di pentimento» accompagnate da «avvicinamento ai valori religiosi» - che il tribunale di sorveglianza aveva giudicato insufficienti per la liberazione; sia pure dopo 25 anni di reclusione effettiva (gli ultimi in detenzione domiciliare), che per la contabilità carceraria equivalgono a 30 scontati.
Le motivazioni con cui la Cassazione ha bocciato questo giudizio non sono ancora note, ma evidentemente è stata giudicata inadeguata e troppo generica la richiesta di «consolidamento del percorso attraverso un impegno concreto» attraverso manifestazioni «di riparazione e solidarietà sociale che consentano di valutare il cambiamento irreversibile della personalità, e di verificarne la completa rieducazione».
Tra gli elementi portati dalla difesa a dimostrazione della «condanna totale del proprio passato criminale» c'è pure l'incontro con il fratello di padre Pino Puglisi, il prete (oggi Beato) assassinato nel 1993 da un commando di cui faceva parte anche Spatuzza.
Un fatto ignorato dai giudici di sorveglianza, lamentava l'avvocata nel suo ricorso: «Sembra che il tribunale abbia valutato in maniera preponderante un preconcetto negativo, ossia la storia criminale dello Spatuzza (ormai risalente a poco meno di trent' anni fa), a discapito di tutti gli elementi (attuali) favorevoli». Una sorta di «prova diabolica, laddove tutti gli elementi favorevoli alla concessione del beneficio sarebbero gli stessi anche fra anni e anni». Così non può essere, ha stabilito la Cassazione, e il killer pentito può sperare di tornare libero.
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