DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Luigi Ferrarella e Giuseppe Guastella per “il Corriere della Sera”
Non c’è pace per Expo 2015 a soli 225 giorni dall’apertura della esposizione universale vetrina di Milano e dell’Italia: dopo il direttore generale di «Infrastrutture Lombarde», Antonio Rognoni, e il general manager di «Expo 2015», Angelo Paris, ora la Procura contesta corruzione e turbativa d’asta anche al 55enne Antonio Acerbo, uno dei due delegati dal commissario generale Giuseppe Sala.
Acerbo è il «responsabile unico per il procedimento» di realizzazione del «Padiglione Italia», di cui è commissario Diana Bracco, e sino al 2013 lo è stato per l’appalto da 54,8 milioni delle «Vie d’acqua» nonché presidente della commissione aggiudicatrice dei lavori per il sistema di canali immaginato, ma non costruito, per portare l’acqua dal sito espositivo alla Darsena.
Per questo appalto è stato perquisito dai finanzieri della polizia giudiziaria con ipotesi di reato collocate dai pm Antonio D’Alessio e Claudio Gittardi «sino al 10 luglio 2013». Il filone si inserisce nell’alveo d’indagine che, sino agli arresti in maggio del costruttore Enrico Maltauro e dei vari Frigerio-Greganti-Grillo, era guidato dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini, ma di cui invece da tre mesi, in seguito alle contrapposizioni con l’aggiunto Alfredo Robledo, il procuratore Edmondo Bruti Liberati ha avocato il coordinamento diretto.
E ieri è stato proprio Bruti a diramare uno stringato comunicato all’evidente scopo di evitare equivoci e assicurare che è indagato Acerbo, non il commissario Sala. Il contraccolpo è comunque forte, se il presidente dell’Autorità anticorruzione Raffaele Cantone a caldo commenta che «può essere un problema, visto il ruolo attuale di Acerbo. Voglio capire bene la vicenda, presto vedrò Bruti».
Una testimonianza acquisita solo poche settimane fa, unita a intercettazioni risalenti, avrebbe inquadrato in una luce diversa dalla sola inopportunità il rapporto patrimoniale maturato nell’estate 2011 tra Acerbo (uscente direttore generale del Comune di Milano con il sindaco Letizia Moratti, ed entrante manager Expo) e l’impresa Maltauro, che in passato aveva presentato un progetto di riqualificazione urbanistica dell’area «ex scuderie De Montel» di proprietà del Comune a San Siro.
Quando Acerbo aveva lasciato Palazzo Marino, l’azienda gli aveva proposto di elaborare un progetto che potesse ridare slancio all’operazione: incarico di consulenza svolto dallo studio di ingegneria del figlio Ilvio (che ha un giro d’affari di 3 milioni di euro) e retribuitogli dalla Maltauro con circa 30.000 euro fatturati.
Il figlio risulta ora indagato per riciclaggio. Cronologicamente è vicenda distante dal successivo appalto Expo delle «Vie d’acqua», ma l’ipotesi di turbativa d’asta sembra ricollegarla o al passaggio di indebite informazioni da Acerbo a Maltauro, o a favori resi da Maltauro ad Acerbo per supportarne la carriera (ieri è stata perquisita anche la Tagliabue, una non indagata impresa in cordata).
La Maltauro ribadisce «assoluta estraneità rispetto ai fatti ipotizzati», mentre il difensore di Acerbo, Federico Cecconi, fa capire che il manager non intende dimettersi ma «vuole presentarsi al più presto per chiarire tutto. Nel decreto — rileva il legale — non c’è alcun tipo di indicazioni sulla condotta illecita, tanto meno si indicano denaro o altre utilità».
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