RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Maria Rosa Tomasello per “la Stampa”
È sempre una faccenda di scelte sbagliate, la storia di un fallimento politico che sul litorale domiziano si intreccia con vecchie speculazioni edilizie e malaffari. A Mondragone, che voleva essere la Versilia della Campania, il fuoco della rabbia - per il futuro che non è stato e per il lavoro che non c'è -, cova sotto la cenere. In una terra dove gli abusi hanno reso invisibili la spiaggia e l'acqua cristallina, così come la bellezza del territorio, il simbolo di questi errori è la zona rossa dei palazzi Cirio, un ghetto a poche centinaia di metri dal municipio dove 700 persone vivono in isolamento dal 22 giugno: è qui che giovedì si è sfiorato lo scontro violento tra la comunità bulgara che contestava la quarantena e i cittadini infuriati per le fughe dall'area sottoposta a lockdown.
Il giorno dopo il cordone steso dall'esercito - 80 militari del Raggruppamento Campania assegnati all'emergenza Covid e finora dislocati tra Napoli e Salerno - ha fatto calare la tensione. Ma la calma è solo apparente. Nella notte tra giovedì e venerdì il furgoncino di un cittadino bulgaro è stato dato alle fiamme con una bottiglia incendiaria. La città è scossa, la fragile economia basata sull'agricoltura che in questo periodo si aggrappa al turismo, vacilla.
«Molti imprenditori agricoli hanno tranciato il raccolto di ieri e dell'altro ieri perché non hanno manodopera per raccogliere la frutta e i prodotti orticoli: molti dei loro braccianti sono chiusi qui dentro», racconta Mino Di Lorenzo, oggi produttore di Falerno, amministratore negli anni Ottanta nelle file dei Repubblicani. Negli alberghi della costa domiziana la metà delle prenotazioni viene disdetta perché i turisti hanno paura: della vicinanza con il focolaio del virus, ma anche della rabbia che hanno visto montare.
test ai palazzi cirio di mondragone
«Mi hanno chiamato da Firenze per un soggiorno previsto in agosto, volevano sapere se sarà possibile venire», racconta la receptionist dell'International Resort, uno dei pochi alberghi aperti. «Io credo che anche ai miei concittadini questa storia è sfuggita di mano». A metà pomeriggio, un ragazzo magro di nome Antonio in sella alla sua bicicletta, si avvicina alle transenne che recintano l'area off limits. Militari e poliziotti si avvicinano. «Non sono mai uscito durante i mesi scorsi, e se io sono rimasto a casa devono rimanere dentro anche loro».
Si arrabbia e guarda chi esce dai palazzi per farsi consegnare la spesa portata da amici e parenti. Via Facebook, intanto, è partito un tam tam per aizzare nuove proteste in piazza ma la presenza massiccia di militari e forze dell'ordine scoraggia ogni iniziativa e i pochi che si presentano si allontanano in fretta.
«Qui vivono cittadini bulgari di etnia rom che lavorano come braccianti e sono sfruttati dai caporali, in una situazione di abbandono sociale in cui non riusciamo nemmeno a sapere quanti bambini ci sono e quanto è alto l'abbandono scolastico - dice Marco Pagliaro, esponente dell'associazione Resistenza democratica - noi pur prendendo atto della situazione, perché questa è una bomba sociale, ci dissociamo dalla manifestazione di ieri. Non ci siamo mai ribellati in trent' anni di camorra».
«Non nominate la camorra: se qui ci fosse stata la camorra questi qui non ci sarebbero - attacca il ragazzo della bici - a me la camorra mi ha fatto sempre stare bbuono». Dentro i palazzoni tirati su negli anni Settanta da Corrado Ferlaino nelle vicinanze di una fabbrica Cirio che impiegava 500 persone, un complesso dove gli ultimi piani e in intero edificio sono abusivi, la tensione resta alta. Costruiti per essere gli appartamenti al mare dei napoletani benestanti, negli anni sono stati prima assegnati ai terremotati dell'Irpinia, quindi, mentre si degradavano progressivamente, sono stati acquistati per pochi soldi e affittati agli immigrati.
All'interno non sono solo i cittadini bulgari a scalpitare, perché vogliono tornare nei campi a lavorare per guadagnarsi la giornata, ma anche gli altri residenti, italiani compresi. Racconta Maria: «Mio marito lavora in un allevamento, le mucche devono essere munte ogni giorno, non so quanto il proprietario gli lascerà il lavoro. E anche i miei tre figli, che si arrangiano lavorando nei lidi o con il giardinaggio, hanno perso quegli impieghi precari. Ma l'altra sera abbiamo avuto paura, abbiamo visto la parte peggiore di Mondragone, da una parte e dell'altra».
mondragone proteste per zona rossa
Nessuno dei residenti ieri ha bussato alla porta del camper "Capitan Uncino", collocato sotto ai palazzi per effettuare i test sierologici: «Non è venuto nessuno e abbiamo spostato il personale in questa postazione: domani dovremo andare porta a porta, casa per casa», spiega Vincenzo Grella, coordinatore del Covid Team di Grazzanise. Nella piazza davanti al Comune, dove è stata collocata una delle due postazioni per la raccolta dei tamponi, per tutto il giorno si forma la coda.
mondragone lancia sedia dalla finestra
In un giorno, vengono effettuati complessivamente circa 1400 test. Dopo la scoperta del focolaio e della fuga di alcuni cittadini bulgari dall'area rossa, tutti sono preoccupati e arrabbiati. Racconta la signora Margherita Masciotti, in coda con la figlia: «In questi tre mesi noi stavamo chiusi in casa, e loro andavano in giro, li vedevamo in piazza a bere». Un clima sociale incandescente. E lunedì è previsto l'arrivo del segretario della Lega Matteo Salvini .
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