COME MAI ALLA DUCETTA È PARTITO L’EMBOLO CONTRO PRODI? PERCHÉ IL PROF HA MESSO IL DITONE NELLA…
Luigi Ippolito per il “Corriere della Sera”
Scatta oggi la corsa dei cittadini europei a ottenere la residenza permanente nel Regno Unito: chi è in possesso di un passaporto potrà presentare la richiesta online e usare una app per dimostrare la propria identità. Chi non è invece in grado di seguire questa strada dovrà attendere il 30 marzo, quando il sistema di registrazione sarà pienamente operativo e si potrà anche usare la posta cartacea.
Ottenere il diritto a restare in Gran Bretagna è cruciale per i 3 milioni e mezzo di europei residenti qui: con la Brexit, che entrerà in vigore (salvo sorprese) alla mezzanotte del 29 marzo, finirà la libera circolazione. Dunque sarà possibile soggiornare nel Regno Unito solo per turismo, altrimenti occorrerà un permesso di lavoro.
Ma per tutti coloro che sono già qui, e per quanti arriveranno entro la fine dell' anno prossimo, esiste adesso una via legale per mettersi in regola: e la condizione per ottenere il « settled status », lo status di «stabilito», è di aver soggiornato con continuità per cinque anni in Gran Bretagna. Chi fosse qui da meno tempo, potrà chiedere lo status di «pre-stabilito» e poi ottenere quello definitivo una volta maturati i fatidici cinque anni. Ci sarà tempo sino alla fine di giugno 2021 per presentare le domande.
«Fin dall' inizio abbiamo messo in chiaro che la nostra priorità e assicurare i diritti dei cittadini europei che vivono in Gran Bretagna», ha detto la sottosegretaria all' Immigrazione Caroline Nokes. E nell' esaminare le domande «cercheremo ragioni per concedere, non per rifiutare», sottolineano al ministero dell' Interno. Che fra novembre e dicembre ha condotto una sperimentazione che ha coinvolto circa 30 mila europei: «Non una sola domanda è stata respinta», fanno sapere i funzionari britannici. Anche se, va notato, dopo alcune settimane il dieci per cento delle richieste non aveva avuto riposta: una dato che, se tradotto sulla scala dei 3 milioni e mezzo di europei, significherebbe 350 mila persone.
L' ombra peggiore che tuttavia incombe sugli europei è il rischio di un no deal , ossia di una Brexit senza accordi: oggi la May presenta un nuovo piano in Parlamento, ma non è detto che passerà. Londra assicura che lo schema resterà in piedi in ogni caso. E gli avvocati italiani esperti della materia concordano: «Immagino che nello scenario peggiore sarà adottata una norma che faccia da ponte e riproduca il contenuto della bozza di accordo per il recesso già a lungo negoziata con l' Ue, applicando una sanatoria», spiega Alberto Saravalle, partner di BonelliErede. «E' vero che tutto può succedere - aggiunge il professore - ma non sarei catastrofista. Anche perché, per il principio di reciprocità, lo stesso status finirà per applicarsi ai cittadini britannici all' estero».
2 - COME FAR VOLARE GLI AEREI? ROMA STUDIA IL NO DEAL
Marco Galluzzo per il “Corriere della Sera”
Una task force di più di 20 attori istituzionali italiani, coordinata da Palazzo Chigi e che spazia dagli uffici di Bankitalia al ministero della Salute, dalla Consob al ministero dei Trasporti, dalle Dogane all' Ivass, dalla Covip alla Farnesina. In caso di uscita dura della Gran Bretagna dalla Ue, dunque in caso di «no deal», si dovranno occupare di un' infinità di materie, che spaziano dalle persone ai servizi, dal rischio che il pollo clorinato degli Stati Uniti entri in Europa di soppiatto via Londra, alle carte di identità cartacee che la Gran Bretagna è pronta a disconoscere, dal 20% di controlli doganali in più rispetto agli attuali, alla continuità dei mercati finanziari e di derivati, per i quali è pronto un decreto del Mef.
Lo scenario del no deal è quello che manda in frantumi tutte le negoziazioni fatte finora fra Bruxelles e Londra, e rimanda ad accordi bilaterali per tutte le relazioni commerciali, finanziarie, sanitarie, dei trasporti fra Roma e Londra. Anche il ministero dell' Interno ha pronto un decreto che dovrebbe proteggere i circa 600 mila cittadini italiani residenti in Gran Bretagna (solo 350 mila sono registrati presso i nostri consolati), dotandoli in gran fretta di carta di identità elettronica, l' unica che verrebbe riconosciuta, mentre sono 60 mila i britannici che vivono in Italia.
L' insieme delle misure, normative e regolatorie, che l' Italia si appresta ad adottare, in caso di no deal, è quasi sterminata. In ballo ci sono i diritti sociali, sanitari, economici, dei cittadini dei due Paesi, ma anche la continuità delle operazioni finanziarie gestite da operatori britannici nel nostro Paese: basti pensare che ammontano a circa 10 miliardi di euro i fondi di gestione britannica venduti in Italia, e che sono circa 70 le banche di Londra che operano nel nostro Paese. Ma anche nel settore della giustizia ci sarebbero problemi di non poco spessore. A cominciare dal mandato di arresto europeo, che decadrebbe come istituto, insieme alla partecipazione di Londra a Europol, così come l' accesso a tutte le nostre banche dati giudiziarie, che oggi hanno una matrice europea, ma che nessuno potrà mettere a disposizione di Londra senza un accordo specifico e condiviso da tutti e 27 i Paesi della Ue.
LONDRA - MANIFESTANTI CONTRARI ALLA BREXIT
In caso di no deal Roma dovrà far propria la negoziazione europea sugli operatori finanziari italiani e britannici, intesa che prevede che il passaporto europeo (la licenza ad operare entro la Ue) resti valido anche dopo la Brexit, e sino al 31 dicembre del 2020.
Ma anche il trasporto aereo avrebbe i suoi grattacapi: oggi Londra usufruisce degli accordi che vanno sotto il nome di Open Sky, con un no deal diritti di sorvolo del nostro territorio e autorizzazione ad atterrare andrebbero rivisti per tutti. Oggi la Commissione ha adottato una proroga dello status quo di 12 mesi, ma ci si prepara a uno scenario di rottura. Stesso discorso per la certificazione della sicurezza aerea che oggi viene fatta in molti stabilimenti inglesi. Tutto per aria.
Per non parlare del cosiddetto pollo clorinato made in Usa: le ragioni dei brexiteers dicono che la politica agroalimentare europea, da cui Londra dipende, costa troppo, ha standard di qualità troppo elevati. Comprare il pollo americano disinfettato a cloro metterebbe a rischio ulteriore le relazioni commerciali fra Londra e il resto della Ue, ma lo stesso discorso varrebbe per altri cibi, come per le auto e per le loro emissioni, essendo le regole europee molto più stringenti di quelle di altri mercati. Insomma la Manica si allargherebbe a dismisura e la Ue, come i singoli Paesi della stessa, potrebbe aver bisogno di mettere dei dazi a protezione dei propri mercati.
LONDRA - MANIFESTANTI CONTRARI ALLA BREXIT brexit
Fra Mise, Mit e ministero dell' Interno è stato stimato il ripristino dei controlli con Londra comporterebbe per i nostri doganieri il 20% in più dei servizi odierni: costi, misure, adeguamento di personale andrebbero approvati in tutta fretta. Oggi ci sono 1,5 miliardi euro di transazioni in entrata dalla Gran Bretagna, di colpo diventerebbero materie di controlli doganali applicati a prodotti extra-Ue.
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