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1. IL FUTURO È SU DUE RUOTE MA CON UN’ANIMA SMART
Nicola Busca per “la Stampa”
«La vita è come andare in bicicletta: per restare in equilibrio devi muoverti». Non lo diceva una persona a caso, ma Albert Einstein e la sua massima - anche se inflazionata tra gli appassionati delle due ruote (quelle a pedale, naturalmente) - rimane comunque inossidabile. E non soltanto per chi segue tabelle di allenamento da professionista o al limite dell’umano, ma anche per chi adotta la bicicletta come semplice mezzo di trasporto da casa al lavoro. Perché pedalare non si associa più soltanto all’atto salutare, ma è diventato un vero e proprio gesto alla moda e uno stile di vita a sé. Per cui, guai a scendere dalla sella.
Le novità
Il lato più modaiolo e al passo coi tempi, inevitabilmente, lo si respira nelle metropoli che fanno dell’energia e del continuo movimento il proprio cavallo di battaglia. Vedi Londra, per esempio, dove ogni anno si tiene un salone dedicato allo «urban biking», o «pedalare urbano».
Allo «Spin London 2015», che si è volto questo fine settimana e che è stato ricavato in una struttura un po’ décadent nel cuore della City (New Oxford Street), sono state presentate le principali novità e tendenze di uno dei mercati più hipster in assoluto (termine coniato negli Anni Quaranta, ma oggi in uso per catalogare quel movimento di «cultura urbana alternativa»), dalle bici in legno alle gomme che non si sgonfiano mai fino ai simulatori di ultima generazione.
La moda
Barba incolta ma curata, camicia casual o a quadrettoni, occhiali da secchione e - naturalmente - bicicletta a scatto fisso (senza marce) come gadget che fa la differenza. Un identikit, quello della «nouvelle vague» delle due ruote, che non poteva non diventare boccone prelibato per le aziende che hanno fiutato prima di altre il nuovo business. E che il più delle volte, anche se non necessariamente, propongono prezzi poco «cool» e decisamente non da crisi.
Perché una coppola scozzese in Harris Tweed, anche se molto elegante e di grido, può comunque costare 45 sterline (62 euro); mentre la borsa a tracolla dello stesso tessuto arriva a 540 euro (270 quelle in pelle da agganciare al portapacchi). Uno zaino con indicatore led sulla parte posteriore per indicare la direzione di svolta, invece, ha un prezzo indicativo di 160 euro, mentre i modelli «d’alta gamma» dei jeans studiati con segnali catarifrangenti integrati (a scomparsa sul fondoschiena e all’interno del gambale destro da risvoltare) sfiorano i 220 euro.
La chicca
Ma la grande chicca del salone londinese, presentata nel 2014 e adesso pronta al debutto sul mercato, è la «Gi Bike» del ventinovenne argentino - ma di nonni italiani - Augustinoy Agustin. Figlia della moderna filosofia del pendolarismo in bicicletta, la Gi Bike si apre e si chiude - grazie a un singolo gancio sulla parte centrale del telaio - in appena tre secondi.
Sarà inoltre «controllata» dal vostro smartphone (che si aggancia al manubrio) e attraverso il quale potrete - oltreché seguire un percorso sul gps - decidere il grado di aiuto elettronico da applicare alla vostra pedalata (niente marce anche in questo caso). Se la batteria del telefono è scarica, invece, la soluzione è quella di collegarlo via Usb alla batteria della bicicletta, la quale ha un’autonomia indicata di 64 chilometri.
Altri accorgimenti di stile sono l’uso delle nuove catene in plastica e carbonio senza olio e grasso, e dei copertoni «ripieni», che non si bucano mai. Anche l’antifurto è di nuova generazione: se vi allontanate dalla bicicletta con lo smartphone, questa si blocca, ma in caso di necessità potrete fare affidamento a una pendrive d’emergenza. Costo: 2900 dollari (2600 euro). L’alluminio del telaio è lo stesso dei MacBook.
2. E VIENNA METTE ALL’ASTA LE BICI PIU’ BELLE DEL MONDO
Vittorio Sabadin per “la Stampa”
bicicletta messa all'asta a vienna
Dorotheum di Vienna, la più importante casa d’aste dell’Europa centrale, si prepara a un evento senza precedenti: il 19 maggio venderà ai migliori offerenti le 205 più belle biciclette del mondo, quasi l’intera collezione di un grande appassionato, Michael Embracher.
Per anni le bici erano state custodite nella spaziosa soffitta del suo studio di design, ma avevano spesso girato il mondo, con mostre a Portland in Oregon e in numerosi altri musei di arte contemporanea. Anche solo scorrendo il catalogo di Dorotheum si capisce perché: le bici raccolte in più di dieci anni da Embracher sono capolavori di design e tecnologia, uniscono la bellezza alla rarità e sono tutte perfettamente funzionanti. Non le ha scelte in base a un preciso genere o tipologia, ma fidandosi più dell’istinto e delle emozioni che ogni modello suscitava, per la leggerezza, l’apparente fragilità, il design e la meccanica.
Il collezionista
Embracher ha studiato architettura a Vienna e ha lavorato per Sepp Muller e Gunther Domenig prima di mettersi in proprio. Ciclista appassionato, ha cominciato a collezionare bici nel 2003 partendo, come spesso accade ai collezionisti, da quella che non aveva i soldi per comprare quando era ragazzo: la Puch Mistral Ultima, un modello da corsa che negli Anni 80 era assemblata a Graz con i migliori materiali disponibili.
Un poco alla volta, la grande soffitta foderata di legno di abete si è riempita di biciclette, esposte una vicino all’altra in base al loro colore, per ottenere anche una visione d’insieme gradevole.
Quella che Embracher ora preferisce è un’Elite Els che al posto della ruota anteriore ha un pattino e in quella posteriore uno pneumatico chiodato, e con la quale ha compiuto un indimenticabile viaggio su un lago ghiacciato nel Nord Europa.
Quella che ha pagato di più è una Schulz Funicolo del 1937, della quale esistono ancora solo tre esemplari al mondo. Quando ha visto questo modello leggendario, non ha esitato a firmare un assegno di 20.000 euro, il costo di un’automobile. Ma ne valeva la pena. La Funicolo è stata il capolavoro del francese Jacques Schulz, ed è stata una bici così avveniristica che una rivista specializzata americana ha lanciato tempo fa un concorso per premiare chi fosse stato in grado di spiegare come funzionava il freno posteriore.
La più antica
La bici più antica del lotto è una Labor Spécial Course del 1922, regina delle Parigi-Roubaix, delle Bordeaux-Parigi e del Giro delle Fiandre con Paul Deman, il campione belga che era stato una spia e aveva rischiato il plotone di esecuzione nella Prima guerra mondiale quando era stato catturato dai tedeschi. Pesante più di 12 chili, il doppio del limite imposto oggi per ragioni di sicurezza, la Labor Spécial aveva le manopole e i parafanghi di legno ed era praticamente indistruttibile.
Le italiane
Nella collezione non potevano ovviamente mancare le più famose bici italiane. C’è la Bianchi 746 Record, nel suo caratteristico colore celeste, un verde chiaro indefinibile, ispirato, si dice, a Edoardo Bianchi dagli occhi della regina Margherita, ma forse frutto solo di un fortunato errore nel mischiare le vernici. C’è la C-4 Project, che già nel 1988 aveva una monoscocca in carbonio e un design così futuristico e accattivante da essere esposta in numerosi musei, compreso il Design Museum Holon, in Israele.
Ci sono moltissime bici da città, alcune molto stravaganti e altre elegantissime, come la Giubileo realizzata a Monza nel 1986 da Umberto Dei. Al sito dorotheum.com, la casa d’aste viennese sta già ricevendo numerose offerte, anche perché i prezzi base sono piuttosto bassi: vanno da 100 euro per le mini bikes a 6-7.000 per i modelli più rari. La Funicolo parte da 5.000 euro, la Labor Spécial da 1.000, la replica della bici con cui Francesco Moser conquistò il record dell’ora nel 1984 da 2.500.
Molti pensano che sia un peccato smembrare una collezione così importante, che potrebbe costituire il nucleo iniziale di un interessante museo. Embracher ha spiegato che, avendo cambiato sede del suo studio, non ha più lo spazio per custodire le bici. Ma la vera ragione della vendita, ha confessato, è che le bici sono il simbolo di una libertà totale, e sentiva il bisogno di farle tornare libere di nuovo.
replica bici moser record dell'ora
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