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Luca Fazzo per www.ilgiornale.it
Anche lui ci credeva così poco che nel frattempo si è trovato un altro lavoro come editorialista al Fatto Quotidiano: ruolo che sarebbe ovviamente incompatibile con la carica nel Consiglio superiore della magistratura.
E ora a Piercamillo Davigo, ex pm di Mani Pulite, arriva la conferma di doversi davvero rassegnare: il suo strenuo tentativo di restare aggrappato alla poltrona al Csm pur avendo raggiunto l'età della pensione va a sbattere contro la sentenza del Consiglio di Stato che respinge definitivamente il suo ricorso.
L'implacabile legge del calendario - ha compiuto i settant'anni il 20 ottobre scorso - vale anche per lui come per tutti i magistrati italiani. E la bizzarra pretesa di restare membro del Csm pur non facendo più parte della magistratura naufraga contro la sentenza di ieri.
Come già il Tar del Lazio, anche il Consiglio di Stato bacchetta sulle dita l'ex pm sul tema delle competenze giuridiche: i giudici gli spiegano che non avrebbe dovuto rivolgersi alla giustizia amministrativa ma al tribunale ordinario, uno svarione impensabile per un fine giurista come Davigo.
MARCO MANCINETTI PIERCAMILLO DAVIGO
È una decisione che lascia al «Dottor Sottile» un'ultima chance, ovvero il ricorso al giudice civile. Ma i tempi lenti della giustizia, su cui ha sovente ironizzato, stavolta potrebbero giocare contro di lui, e un ipotetico successo arrivare dopo lo scioglimento del Consiglio superiore (dove, peraltro, il suo posto è già stato occupato dal primo dei non eletti).
Si chiude, insomma, l'era del Davigo magistrato: segnata nell'ultima fase dal ruolo nel «caso Palamara», di cui è stato giudice nel procedimento disciplinare nonostante i ripetuti contatti con l'ex presidente dell'Anm, e soprattutto nonostante i due pranzi con un altro inquisito, l'ex pm romano Stefano Fava. Del contenuto di quegli incontri Davigo ha fornito alla Procura di Perugia una versione minimalista che è stata platealmente smentita non solo da Fava ma anche da Sebastiano Ardita, anche lui membro del Csm e fino a pochi mesi fa compagno di corrente di Davigo.
Ma se si chiude l'epoca del Davigo in toga, si apre l'era del Davigo con la penna: in piena continuità, stando almeno al primo articolo per il Fatto, dedicato al presunto sovraffollamento delle carceri. Davigo spiega ai lettori che in realtà l'Italia ha appena 92 detenuti ogni centomila abitanti, mentre la media europea è di 123. E a ogni detenuto è garantito uno spazio vitale di nove metri quadri, che si abbassano a cinque metri a partire dal secondo ospite: «Lo stesso per cui in Italia viene concessa l'abitabilità alle abitazioni civili». Non è vero, ma che importa?
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