DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Monica Perosino per “La Stampa”
Le ore più dure per Henry Lee McCollum, 50 anni, sono state le ultime 72. Insonne, nella cella del braccio della morte nel North Carolina, aveva paura che il sogno di essere liberato dopo 31 anni di carcere – per un delitto che non aveva commesso - potesse non avverarsi mai.
Ieri mattina alle 9,42, dopo un’altra notte d’attesa senza chiudere occhio, è stato accompagnato oltre il cancello di filo spinato dalle guardie. Libero, innocente, accolto dall’abbraccio dei genitori. Nel pomeriggio anche il fratellastro, Leo Brown è stato rilasciato. Erano stati condannati nel 1983 – quando avevano 19 e 15 anni – per lo stupro e l’omicidio di una bambina di 11 anni, Sabrina Buie, trovata morta in un campo nel North Carolina.
Avevano confessato il delitto – spaventati, confusi, dopo ore di interrogatori – con la convinzione che, ha ribadito il loro avvocato, firmando «quel foglio», la confessione, gli avrebbero permesso di andare a casa. Sia Henry che Leo sono disabili mentali, con un Qi di 51 (la media è 100).
Nessuna prova li legava all’omicidio. Ora ne è arrivata una che li ha scagionati: un test del Dna su un mozzicone di sigaretta trovato sul luogo del delitto e conservato per 30 anni tira in ballo un uomo, un detenuto che sta scontando l’ergastolo per uno stupro e un omicidio avvenuto meno di un mese dopo con la stessa dinamica di quello di Sabrina Buie. Il killer Roscoe Artis, viveva a un isolato di distanza dal luogo in cui fu uccisa la ragazzina.
Per anni, da subito dopo il processo di primo grado, gli avvocati di Henry Lee McCollum e Leo Brown hanno presentato appelli e richieste di indagini supplementari, fino al 2003, quando la mozione per analizzare il mozzicone di sigaretta è stata accolta. La trafila è stata lunga: il test nel 2010, poi la commissione dello Stato, poi finalmente, a luglio, l’annuncio: Innocenti.
Henry Lee McCollum, «Buddy», per la famiglia, ha già una lista di cose da fare: «Voglio imparare a usare il cellulare e Internet», ha detto, mentre armeggiava, sull’auto dei genitori, con la cintura di sicurezza di cui non sapeva bene che fare. L’adolescente di 30 fa, invecchiato nel braccio della morte, non ha mai potuto accendere una lampada, aprire una porta, usare cerniere.
«È terribile che il nostro sistema giudiziario permetta che due ragazzini disabili vadano in prigione per un crimine che non hanno commesso – ha detto al «Guardian» l’avvocato che li ha assistiti per 20 anni, Ken Rose- . Negli anni Henry ha visto decine di persone portate via per l’esecuzione. Era così sconvolto che lo hanno dovuto mettere in isolamento. È impossibile spiegare cosa hanno passato questi uomini e quanto hanno perso».
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