DAGOREPORT: PD, PARTITO DISTOPICO – L’INTERVISTA DI FRANCESCHINI SU “REPUBBLICA” SI PUÒ…
Cesare Giuzzi per il Corriere della Sera - Estratti
Il corpo su un tappeto nel grande salotto, avvolto in un piumone bianco e in alcuni asciugamani. Una grande ferita, profonda, violentissima all’altezza della fronte. Un colpo, o forse più d’uno, sferrato con un oggetto pesante, preso dalla casa. Forse un attrezzo da palestra. Fiorenza Rancilio, 73 anni, probabilmente è stata stordita con qualche sostanza prima di essere uccisa.
Nessuno ha sentito urlare. Nessuno fino a quando alle nove e mezza di mattina i dipendenti non l’hanno vista scendere in ufficio, s’era allarmato. Anche se lei negli ultimi tempi aveva confidato di avere paura del figlio Guido, delle sue crisi psichiatriche, di quando «impazziva e spaccava tutto».
Il 35enne Guido Augusto Gervaso Gastone Pozzolini Gobbi Rancilio è ora accusato di omicidio volontario aggravato e piantonato dai carabinieri al Policlinico. Era in cura da anni per una forma di schizofrenia. Ricoveri ripetuti, terapie psichiatriche che a volte sembravano funzionare, ma poi arrivava l’ennesima ricaduta. Lo hanno trovato in un’altra stanza, seduto. Immobile e silenzioso. Intontito dalle benzodiazepine.
Quelle seminate un po’ ovunque tra l’ottavo e il nono piano al civico 6 di via Crocefisso, tra corso Italia e le Colonne di San Lorenzo. Il quartier generale dei Rancilio, casato fondato dal padre Gervaso, costruttore negli anni del boom economico, e oggi colosso immobiliare in mezza Europa. Famiglia ricchissima e maledetta: il fratello della vittima, Augusto Rancilio, architetto di 26 anni era stato rapito dalla ’ndrangheta a Cesano Boscone nell’hinterland di Milano nel 1978 e mai tornato a casa.
Ucciso dai suoi carcerieri in Aspromonte dopo aver cercato di fuggire. Il padre Gervaso per anni ha fatto appelli ai suoi rapitori pur di riavere almeno il corpo. Dopo quell’esperienza terribile, i Rancilio avevano creato una fondazione benefica nel nome di Augusto. Proprio la sorella Fiorenza ne era la presidente.
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DAI PALAZZONI IN PERIFERIA AL SEQUESTRO DI AUGUSTO
Cesare Giuzzi per il Corriere della Sera - Estratti
Lo chiamavano «il francesino», perché Augusto Rancilio giovane e promettente architetto passava la vita tra la casa di famiglia in via Crocefisso e la Francia. S’era messo a lavorare con papà Gervaso, anche lui diviso tra Milano e Parigi, che con le sue imprese ha costruito un pezzo della città del boom.
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Era il 2 ottobre del 1978 e mentre la città e il Paese lottavano contro l’emergenza terrorismo, la ‘ndrangheta rapiva i figli dei ricchi. In 12 anni, dal ’72 all’84, furono 161 i sequestri in Lombardia. Quello di Augusto Rancilio, fratello di Fiorenza presidente della fondazione che porta il suo nome, è stato uno dei più drammatici. Perché non è mai tornato a casa. Ucciso dai suoi carcerieri dopo essere stato portato in Aspromonte «fra Castellace ed Oppido Mamertina» perché aveva tentato di fuggire. Il corpo abbandonato e poi sepolto.
FIORENZA RANCILIO COL PADRE GERVASO
(…) Chi organizzò il sequestro del «francesino» viveva proprio nelle case costruite dai Rancilio. Tanto che il padre Gervaso disse a lungo che mai si sarebbe aspettato «dei torti da quella gente, alla quale aveva fatto del bene».
Visse fino all’ultimo dei suoi giorni nella speranza di riabbracciare almeno un cadavere. Morì senza avere un corpo da piangere, non una tomba su cui lasciare fiori. La tragedia di Augusto ha profondamente segnato la famiglia Rancilio. (...) Un impero immobiliare e una ricchezza mai ostentate, come da buona tradizione milanese. Poi i problemi di Guido, i ricoveri in psichiatria, le cure infinite. Una «maledizione», racconta un amico di famiglia. Non patologie nascoste ma affrontate dalla famiglia, diventate però un turbine senza fine.
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