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ELISABETTA MORO MARINO NIOLA - BACIARSI
Marco Belpoliti per “la Repubblica”
Quanti tipi di baci esistono? Tanti. Di passione, di gioia, di piacere, d’amore, di tenerezza, d’attaccamento, di conforto, di saluto, di cortesia, di necessità, di rincrescimento, di supplica, e altri ancora.
Per un anno e mezzo abbiamo smesso di baciare, forse salvo le persone con cui viviamo in stretto contatto nella medesima casa, ma sempre con timore, e spesso rinunciando a farlo. Il bacio ha bisogno della bocca e il nostro rapporto con il mondo è di tipo orale poiché seno materno, o biberon, per sopravvivere, dopo essere venuti al mondo, abbiamo dovuto succhiare protendendo le labbra.
Questo non significa che il bacio sia sempre esistito o che sia rimasto identico nel corso di migliaia d’anni. Come ci ricordano Elisabetta Moro e Marino Niola nel loro bel libro Baciarsi (Einaudi), richiamandosi all’antropologo Lévi-Strauss il bacio è “un significante fluttuante”, che può veicolare significati virtualmente diversi: civiltà che trovi, bacio che dai. Per questo i due autori definiscono il bacio un fatto transculturale.
Anche nelle civiltà che non lo praticano (e ci sono), il contatto bocca a bocca è subito riconoscibile, e si traduce in tutti i linguaggi corporei. E, poiché il corpo è l’entità che, non solo ci consente di stare al mondo, ma condiziona i nostri modi per farlo, sarà proprio al corpo che i significati dovranno rinviare.
Per quanto in certe culture e momenti storici — si pensi al nostro Medioevo — sia stato messo al bando e disconosciuto, tutti sanno bene cosa significa baciare. La parola viene probabilmente dal greco, baskaino, che significa sussurrare, mormorare, ammaliare, affascinare.
Baciare vuol dire trasmettere all’altro qualcosa di sé: “Un po’ dirsi e un po’ darsi”. Del resto, gli etologi sostengono che all’origine di tutto c’è la premasticazione materna; per svezzare il bambino dopo l’allattamento, la madre mette la propria bocca a contatto con quella del figlio o figlia, e le passa il cibo.
Se si ritiene questa pratica disgustosa, bisogna ricordare che fino al 1927 non esistevano molti modi pratici per svezzare i bambini, e furono due coniugi americani, Dorothy e Daniel Gerber, a preparare i primi cibi solidi pressati da dare ai pargoli.
Secondo Desmond Morris noi continuiamo ad associare al bacio l’idea di sicurezza e amore per via dell’esperienza infantile di pressione delle labbra sul seno della madre, idea non condivisa da Freud, che pure parla di origine orale delle nostre esperienze. Per il padre della psicoanalisi il bacio è un sintomo di deprivazione del seno materno. Chi avrà ragione? Per Moro e Niola il bacio unisce e non divide e si presenta come “il più unisex fra i gesti d’amore”.
Il lessico del bacio è molto interessante e ci deriva dalla cultura latina, che distingueva tra osculum, saviume e basium. Il primo è un diminutivo di os-oris, bocca, e significa boccuccia; con questo termine s’indicano le manifestazioni d’affetto tra famigliari, parenti e amici; lì l’eros è proibito, ma il contatto tra i corpi consentito.
Savium è il contatto labiale, di tipo passionale. Basium è la parola con cui si esprimono tutte le altre forme affettive e sentimentali, per cui è diventato il calco da cui viene il nostro “bacio”, e tutti i vari modi di baciare, eccezion fatto per il kataglottisma, il bacio con la lingua, di cui parla già Aristofane nelle Nuvole, oggi detto “alla francese”.
Nel loro libro Moro e Niola scandagliano le varie aree del bacio, dal bacio di perdono a quello di tradimento, dal bacio d’odio a quello di misericordia, passando per i baci satanici a quelli di umiltà per arrivare sino ai baci di desiderio.
Ci ricordano poi che Margaret Mead nei suoi studi sugli adolescenti, il sesso e il rapporto tra uomo e donna, pubblicati tra il 1928 e il 1949, era giunta a sostenere che “il nostro corpo biologico è poco più di una tabula rasa, sulla quale l’educazione, la cultura e l’esperienza scrivono ininterrottamente le loro regole e deduzioni”, stabilendo le forme e i limiti di gusto e disgusto, di piacere e dovere, di libertà e morale, che sono spesso determinate dalle singole esperienze personali e dalla cultura di appartenenza.
Una questione che non si applica solo al bacio, ma alla gran parte dei comportamenti sessuali e alla stessa definizione di identità personale. Poiché noi siamo, nel bene e nel male, figli della cultura cristiana, il capitolo “Assaggiare Dio” aiuta a capire il valore anche simbolico che il bacio ha nella nostra civiltà.
I primi cristiani si baciavano nel salutarsi e la parola agape indica, l’amore dei fratelli nella fede; per i luterani e i riformati l’elemento erotico è invece in agguato nel bacio. Quale sarà il futuro del bacio nel mondo virtuale? Stiamo passando dal mondo dei baci fisici ai “Kiss data”? La risposta non c’è, ci dicono Moro e Niola al termine del loro affascinante viaggio, intanto però abbiamo ricominciato a baciarci “in presenza”.
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