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Estratti da fanpage.it
Sono passati dieci anni dal suo arresto, ma Massimo Bossetti continua a sperare nella revisione del processo per l'omicidio della 13enne Yara Gambirasio. L'uomo nel 2018 è stato condannato in via definitiva all’ergastolo. La ragazza scomparve a Brembate di Sopra il 22 novembre 2010, tredici anni fa, e venne trovata morta tre mesi dopo in un campo di Chignolo d'Isola.
Il 13 maggio scorso gli avvocati di Bossetti hanno potuto vedere per la prima volta reperti e campioni che hanno portato alla condanna del muratore di Mapello. L’avvocato Claudio Salvagni, in un'intervista a Cusano Italia TV, ha raccontato la reazione del suo assistito: “Dopo aver visionato gli oggetti personali di Yara ho sentito Massimo Bossetti che mi ha detto: ‘Resto molto fiducioso per una revisione del processo. Spero che mi possa essere data finalmente la possibilità di far analizzare i reperti rimasti per dimostrare che non ho ucciso io Yara e che quel DNA non è il mio'".
yara gambirasio massimo bossetti
"Massimo venne arrestato il 16 giugno di 10 anni fa e in questo decennio abbiamo sempre chiesto di poter vedere questi reperti e di poterli esaminare, visto che tutto il processo si è fondato sul DNA. – prosegue ancora il legale – Noi e Massimo Bossetti abbiamo sempre rigettato l’equazione ‘Ignoto 1’ uguale Massimo Bossetti; quindi l’unico modo per poter scalfire questa certezza era ed è quella di esaminare questi reperti, di fare una nuova analisi biologica".
L'avvocato di Bossetti: "Dobbiamo analizzare i reperti"
CLAUDIO SALVAGNI - AVVOCATO DI MASSIMO BOSSETTI
Per la difesa di Bossetti, quello della visione dei reperti è stato un momento molto importante e atteso, come aveva raccontato qualche tempo fa l'avvocato Salvagni a Fanpage.it. "È chiaro, e questo lo dice la stessa Cassazione, che la difesa non può accontentarsi della semplice visione, occorre proprio analizzare i reperti per capire bene. Intanto, questo primo passaggio con la visione degli stessi è stato fondamentale; anche perché abbiamo potuto vedere con i nostri occhi che i reperti esistono veramente. Io, infatti, a un certo punto ho anche dubitato della loro esistenza", ha detto ancora il legale nella nuova intervista.
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Discorso diverso invece va fatto per i campioni di DNA che, secondo Salvagni, non sono stati conservati bene in tutti questi anni: "Mi riferisco alle 54 provette da cui è stata desunta l’impronta genetica di ‘Ignoto 1’. Queste provette purtroppo non sono più utilizzabili perché sono state conservate a temperatura ambiente".
Come precisa il legale di Bossetti, le sentenze non precisano il movente o la dinamica esatta del rapimento della 13enne, così come quella dell’omicidio. "Tutto questo crimine rimane avvolto in un grande mistero e forse è per questo che suscita ancora tantissimo interesse facendo aumentare, giorno dopo giorno, le persone che credono nell’innocenza di Bossetti", spiega ancora Salvagni.
"Per esempio, l’elemento della permanenza nel campo in cui fu ritrovato il corpo senza vita della 13enne, è importantissimo perché, secondo l’accusa, la ragazza è stata uccisa in quel campo ed è rimasta lì per tre mesi fino al giorno del suo ritrovamento. Noi invece abbiamo sempre contestato questo punto ritenendo che fosse in contrasto con altri elementi. E proprio guardando i reperti, ci siamo accorti di aspetti che rafforzano la nostra teoria, cioè che Yara non sia morta lì".
VITTORIO FELTRI CON LA MAGLIETTA IN DIFESA DI MASSIMO BOSSETTIMARITA COMI E MASSIMO BOSSETTIMARITA COMI E MASSIMO BOSSETTI
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