DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
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— ????? (@Kozatsky_D) May 15, 2022
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Francesca Pierantozzi per “il Messaggero”
Racconta che fin da ragazzino sognava di diventare un fotografo di guerra, Dmytro Kozatsky. Racconta che una volta, quando ancora studiava in Polonia, aveva sognato di mettere tanti libri in uno zaino e di correre a fotografare quello che accadeva al fronte.
Strano sogno, che si è trasformato in una strana realtà: alla fine Dmytro, oggi 26enne, è diventato Orest: la guerra l'ha fatta, e l'ha anche fotografata, nel fronte più terribile del conflitto tra Russia e Ucraina, un fronte sotterraneo, nei labirinti di ferro e acciaio dell'immensa industria siderurgica Azovstal di Mariupol. In circa duemila hanno resistito per oltre 80 giorni agli attacchi dei russi.
la luce entra nell acciaieria azovstal la foto di dmytro kozatsky (orest)
L'AUTOSCATTO
Quando anche Denys Prokopenko, comandante del reggimento Azov, è stato costretto a dare l'ordine di «smettere di difendere la città» e di «salvare le vite», Orest ha fatto l'ultimo scatto, anzi un autoscatto: lui da solo, in piedi, in mezzo alle macerie, braccia aperte sotto un raggio di sole che penetra dal foro aperto da una bomba.
il saluto di dmytro kozatsky orest acciaieria azovstal mariupol
La bellezza quasi classica degli scatti di Orest, capace di ritrarre in primo piano arti amputati, volti sfigurati, con un straniante maestria, ha fatto il giro del mondo. Ieri, prima di tornare in superficie e arrendersi ai russi, ha deciso di lasciare al mondo tutto il lavoro svolto là sotto: le sue foto.
il saluto di dmytro kozatsky orest acciaieria azovstal mariupol
«Vi lascio le mie foto in alta definizione ha scritto su twitter inviatele a tutti i premi giornalistici e concorsi di fotografia, se riesco a vincere qualcosa, sarebbe niente male quando sarò di nuovo libero. Grazie a tutti per il sostegno che mi avete dato, a presto».
La madre, Irina Yourchenko ha fatto sapere di non avere per ora visto il nome del figlio nella lista dei prigionieri ufficiali, né il suo volto nei filmati russi che ritraggono i militari ucraini disarmati in fila, o sui pullman che li portano nelle città occupate come Olenivka. «Non so dove sia ha detto la madre mi ha inviato un ultimo sms in cui diceva che era vivo».
PROKOPENKO-AZOV E VOLYNA-MARINES
Quasi 1700 sono i soldati ucraini già riemersi dai sotterranei di Azovstal, fra loro i militari di diverse unità dell'esercito, oltre al reggimento Azov, quello che raccoglie anche fazioni provenienti dall'ultradestra. Di Azov fa parte anche Dmytro. Sui suoi profili social non compare (o è stata eliminata) la propaganda spesso ultrà del reggimento.
Le foto più vecchie sono lui in vacanza, al mare, a Kiev («La più bella città del mondo», scriveva). Ma è nel buio dei sotterranei di Azovstal che ha trovato l'ispirazione. Il 2 maggio, quando è cominciata l'ultima offensiva dei russi contro gli ucraini trincerati nell'acciaieria, Orest aveva postato un suo selfie vicino a un albero in fiore, là sopra, in mezzo alle fonderie: «Sarebbe perfetta come ultima foto, mi piacerebbe che tutti alla fine si ricordassero di me così.
le foto di dmytro kozatsky dall acciaieria azovstal 8
È l'immagine che mi descrive meglio: anche nello scatto più orribile si può trovare qualcosa di meraviglioso. Ma voglio credere che questa foto non sarà l'ultima, ma soltanto un inizio». È seguito un reportage in diretta degno dei migliori fotografi di guerra. Colpiscono soprattutto i ritratti dei soldati.
Sono i suoi compagni, militari volontari, molti arruolati da anni, probabilmente tra i più motivati dell'esercito ucraino e anche tra i più discussi, quelli che fanno dire ai russi «non accetteremo scambi di prigionieri, sono criminali di guerra», quelli che hanno dato il pretesto a Mosca di dire all'inizio dell'offensiva che c'era un'Ucraina da «de-nazificare»: eccoli davanti all'obiettivo di Orest, non hanno più braccia, alcuni non hanno gambe, uno è steso, ferito, sembra stia per piangere.
Uno solo trova la forza di sorridere e fa un segno della vittoria alzando una mano che sembra gli costi una fatica immensa, con l'altro braccio appeso al collo, ingessato in una complicata struttura di acciaio.
LA VIA D'USCITA
A commento del suo autoscatto, solo in un fascio di luce, Orest ha scritto che è il segno «che una via d'uscita da questo inferno buio esiste». «Prima di cominciare a scattare qua sotto, pensavo che avrei ripreso il dolore e la fragilità degli sguardi ha detto qualche giorno fa ma tutto quello che ho visto è determinazione, la determinazione di resistere»; la resistenza è finita ieri.
Impossibile andare avanti per un esercito che non poteva più ricevere nessun tipo di rifornimento, né armi, né cibo, né medicine. Prima di andarsene, Orest ha detto addio al fronte anche a parole: «E questo è tutto. Grazie per avermi dato rifugio Azovstal, luogo della mia morte e della mia vita».
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