LA VERITÀ, VI PREGO, SU GARLASCO - DOMANI LA SENTENZA DI APPELLO-BIS SUL DELITTO DI CHIARA POGGI - LA PROCURA CHIEDE 30 ANNI PER ALBERTO STASI, GIÀ ASSOLTO IN PRIMO E SECONDO GRADO CON SENTENZE POI ANNULLATE DALLA CASSAZIONE - TUTTI I “BUCHI” DELL’INCHIESTA

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Paolo Berizzi per “la Repubblica

 

CHIARA POGGI CHIARA POGGI

Colpevole o (di nuovo) innocente? Sette anni e quattro processi dopo la morte di Chiara Poggi — uccisa in casa a 26 anni la mattina del 13 agosto 2007 a Garlasco — per l’ex fidanzato Alberto Stasi, unico indiziato, già assolto in due gradi di giudizio con sentenze poi annullate dalla Cassazione, è l’ora della verità: e stavolta potrebbe essere quella definitiva.

 

Domani i giudici del tribunale di Milano decideranno se il killer di Chiara risponde al nome del commercialista, oggi 31enne, — per Stasi il sostituto procuratore generale Laura Barbaini ha richiesto, in questo processo d’appello-bis, una condanna a 30 anni —, o se invece, per arrivare alla verità giudiziaria, bisognerà indagare ancora. Cercando un assassino misterioso.

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Una figura che, secondo l’accusa, non esiste semplicemente perché — ne è convinta il pg Barbaini — l’assassino è lui, Alberto Stasi. Quali sono i «gravi indizi, precisi e concordanti» che incastrano Alberto e per i quali la Cassazione, nell’aprile del 2013, annulla la sua assoluzione? Che peso avranno, nella sentenza, i nuovi elementi emersi a carico dell’imputato? E le armi della difesa? Basteranno a smontare il castello accusatorio e a far assolvere, anche a questo giro, Stasi, come chiedono i suoi legali? Proviamo a capirlo tirando i fili della vicenda, al netto delle ultime indagini.

 

LE TRACCE DI SANGUE

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Omicidio volontario aggravato dalla crudeltà. Per la pubblica accusa la mattina del 13 agosto Alberto Stasi uccide Chiara; poi sale in macchina, va dai carabinieri a dare l’allarme (anticipato con una telefonata) sostenendo — in modo mendace, secondo i magistrati — di avere trovato il cadavere della fidanzata riverso lungo le scale che conducono al piano semi-interrato. Il salone, il corridoio, le scale della villetta sono un lago di sangue: ma le scarpe di Alberto risultano intonse.

 

Nemmeno una traccia sulle suole. Una nuova e più approfondita perizia sulla camminata dell’imputato (estesa ai primi due gradini della scala) ha dimostrato che era impossibile attraversare la casa — come lui sostiene — senza pestare il sangue. Di più.

 

Stando alle analisi ordinate dalla Procura, è da escludere che il sangue, una volta pestato, si sia disperso. Un esperimento scientifico effettuato sui tappetini della Golf di Stasi — l’auto con cui raggiunge la caserma — certifica che qualche traccia doveva restare. No, sostiene la difesa. Che ribatte così: essendo il sangue essicato e le scarpe consegnate ai carabinieri la mattina dopo il delitto, le suole si sono ripulite e le tracce ematiche disperse. Possibile? «Alberto — spiegano i legali — ha cercato di evitare di calpestare il sangue, e poi ha camminato sull’erba e sul vialetto della villetta».

 

I BUCHI NELLE INDAGINI

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Torniamo a quei giorni del 2007. Il 27 settembre, un mese dopo il delitto, Stasi viene arrestato: dopo quattro giorni il gip lo scarcera per insufficienza di prove. Mancano l’arma del delitto, il movente, i gravi indizi; e l’alibi fornito («dalle 9.36 alle 12.20 ero al computer a lavorare sulla tesi di laurea») sta in piedi. In sostanza sono gli stessi motivi per cui l’ex fidanzato di Chiara, rinviato a giudizio nel 2008, viene assolto due volte: in primo grado nel 2009, in appello nel 2011. Il quadro cambia ad aprile 2013: la Suprema Corte annulla tutto e rimanda Stasi alla sbarra.

 

Perché? Per gli ermellini della Cassazione l’inchiesta è piena di buchi: troppi gli indizi trascurati nei primi processi. Quei buchi il pg Barbaini li ripercorre uno a uno. Colmandoli con nuovi riscontri. Vediamoli. Oltre alla rivisitazione della camminata e del sangue sulle scarpe (una delle intuizioni — anticipata da Quarto Grado — è aver “catturato” il numero di scarpa con suola a pallini indossata dall’assassino: 42, lo stesso di Stasi), emergono altri elementi.

 

LE BICI E I PEDALI SOSTITUITI

Le biciclette sono al centro dell’indagine. Non più e soltanto quella nera da donna che una testimone dice di avere visto appoggiata al muretto della villetta la mattina del delitto (incredibilmente sequestrata sette anni dopo per una svista dell’ex maresciallo Francesco Marchetto, a processo per falsa testimonianza). Si scopre che Alberto aveva la disponibilità di altre bici: in particolare una nera, sempre da donna, rinvenuta nella casa al mare di Spotorno.

VILLA 
GARLASCO
VILLA GARLASCO

 

E poi quella bordeaux, i cui pedali sono stati sostituiti. Su quei pedali furono trovate tracce di Dna di Chiara. Ancora Tracce. Sul pigiama rosa della vittima — è agli atti — c’erano quattro ditate intrise di sangue impresse all’altezza della spalla sinistra. La firma del killer. Che solleva il corpo di Chiara e lo getta giù dalle scale. La foto delle ditate è stata mostrata a processo. Peccato che fossero scomparse dall’inchiesta.

 

Per un errore madornale. Scattata la foto, la svestizione e la rimozione del cadavere hanno fatto si che il pigiama si sia intriso di sangue: addio ditate (forse avrebbero parlato). Resta l’immagine, però. Una carta che ha permesso di irrobustire un altro indizio ritenuto «non grave» dai primi giudici: l’impronta dell’anulare destro di Stasi depositata sul dispenser del sapone liquido.

 

«Poteva averla lasciata in qualsiasi momento», ha sempre sostenuto la difesa. L’accusa è sicura: l’assassino si è imbrattato le mani e quindi è andato in bagno a lavarsi (ci sono due impronte «statiche » insanguinate sul tappetino). Possibile che, qualora anche il killer abbia sciacquato il dispenser, la traccia di Stasi, deposta in precedenza, sia sfuggita al lavaggio? Tutte domande senza risposta. Almeno fino a domani.