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donatella versace con le top model
Simone Marchetti per “la Repubblica”
Donatella Versace è un'icona che guarda sé stessa. Diva con il dono dello humor. Stilista con la saggezza del dolore. A 20 anni dalla scomparsa del fratello Gianni, genio inarrivabile ed eredità impossibile, ha deciso di compiere il passo più difficile: chiudere il cerchio e affrontare per la prima volta le creazioni mitiche che negli anni '90 hanno trasformato il marchio della Medusa in un fenomeno mondiale.
Ha così rimesso in passerella 5 top model di ieri rispolverando abiti, stampe, colori e silhouette del miglior Gianni Versace. In una manciata di minuti dalla fine della sfilata, lo show è diventato il fenomeno virale dell' ultima fashion week. Scatenando domande e considerazioni sul valore contemporaneo del passato.
donatella versace canta bruno mars
Perché fare una sfilata commemorativa e rispolverare il passato?
«Ho fatto questo show per celebrare la vita e il lavoro di mio fratello. Non voglio usare il verbo commemorare perché non c' è stato niente di triste. La verità è che volevo dare la possibilità ai Millennials di vedere quello che non avevano mai visto dal vivo: cosa Gianni ha creato, cosa sono state le super models. E dopo 20 anni passati a emanciparmi da lui, ho capito che era arrivato il momento di chiudere il cerchio».
Lo show è stato il più visto e postato dell'ultima fashion week. Perché quel passato è ancora così potente?
«Perché è unico. Gianni ha sempre osato. Detestava giocare sicuro. All' inizio si è preso tante critiche ma ha continuato a rompere barriere. Ha gettato le basi della moda del periodo e di quella di oggi. Prendi le mitiche stampe Versace: fino a quel momento si facevano a 4 colori, lui invece le realizzava con 18, a volte con 20. Utilizzava il passato per andare avanti, per descrivere il futuro. Ha avuto l' ardire di trasformare la storia in gioia di vivere fino a renderla una lingua viva. Forse per questo piace ai Millennials».
gianni versace con naomi campbell e helena christensen
A proposito di Millennials, cosa pensi di questa generazione tanto citata dagli stilisti?
«I Millennials hanno il mercato in mano. E la gente vuole quello che indossano e quello che desiderano. È tutto cambiato: ieri decidevano gli stilisti, oggi decidono loro. Hanno creato una rottura e in molti li ritengono vuoti. Per me non lo sono, anzi, hanno un modo di apprendere diverso. Dobbiamo imparare da loro».
Torniamo alle super modelle che hai messo di nuovo in passerella. Cosa ti ricordi di loro?
GIANNI VERSACE CON NAOMI CAMPBELL E CARLA BRUNI
«Di Naomi Campbell ricordo come spaventava le altre dicendo che la passerella era scivolosa, così tutte camminavano insicure e lei sembrava una pantera. Di Cindy Crawford mi è sempre piaciuto come non temeva la propria sensualità: se il vestito era scollato, lei lo abbassava ancora di più. Carla Bruni è sempre stata la più aperta mentalmente. Claudia Schiffer la più precisa, la più pignola, infatti odiava gli imprevisti. Però poi arrivava in passerella ed era come il sole».
cindy crawford per vincent peters
Mancava Linda Evangelista. In molti sono stati impietosi con lei sui social per la sua forma fisica di oggi.
«Ma che ne sanno! Linda è una donna incredibile, una bellezza senza pari. Poteva passare 5 ore al trucco davanti allo specchio per poi alzare un sopracciglio e dire: è tutto sbagliato. Magari esistessero oggi modelle come lei».
In prima fila c' erano anche tre grandi stilisti.
«Per forza, sono loro per me le vere celebrità. Prendi Alessandro Michele di Gucci: ha rivoluzionato la moda perché ha avuto il coraggio di insistere fino in fondo. Per questo è stato vincente. Pierpaolo Piccioli è un grande creatore e un grandissimo uomo. Non si è fatto mai prendere dalla celebrità. E Anthony Vaccarello è come un figlio: quando ha lasciato Versus per andare da Saint Laurent è stato triste. Se non impari a dare spazio non puoi fare questo mestiere».
Sono passati 20 anni dalla morte di Gianni. Fai un bilancio...
«All'inizio ero intrappolata dal suo genio. Ho commesso tanti errori. Poi ho capito che non dovevo fare quello che faceva lui ma come lo faceva lui. Ho iniziato a rompere barriere, mi sono circondata di giovani creativi, persone che mi dicono cose che non capisco. Adoro le persone che mi dicono cose che non capisco. Perché poi gli chiedo di spiegarmele. E così li sorpasso».
Cosa direbbe Gianni Versace della nuova sfilata e della rivoluzione di internet?
«Sulla sfilata direbbe: finalmente ti sei decisa a fare la cosa giusta! Su Internet: credo ne sarebbe entusiasta. È sempre stato ossessionato dal futuro. Sono sicura che si sarebbe buttato sui social in una maniera più originale di come lo facciamo noi».
Utilizzi molto Instagram dove hai quasi 2 milioni di follower.
Cosa ti piace di questo mezzo?
«Utilizzo Instagram per togliere dalla testa delle persone l' immagine fredda e glaciale che hanno di me. Dopo la morte di Gianni mi sono costruita per almeno otto anni una maschera dietro cui nascondere le mie insicurezze. E poi mi sono detta, adesso basta.
Mi piace la spontaneità di Instagram, la sua capacità di raccontare. E mi piace anche utilizzarlo per dire stupidaggini. Non sono sempre intelligente. O meglio: sono intelligente, ma non sempre».
Cosa farebbe Donatella se avesse oggi 20 anni?
«Perché, non li ho?».
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