DAGOREPORT – CON L'OPERAZIONE GENERALI-NATIXIS, DONNET SFRUTTA UN'OCCASIONE D'ORO PER…
Paola Treppo per www.ilgazzettino.it
Trecento metri sul livello del mare, Prepotischis di Prepotto è un borgo immerso nel verde, tra boschi e piani coltivati a orto. Per arrivarci si segue la strada della Valle dello Judrio, che segna il confine tra l’Italia e la Slovenia.
«Di qua son passati tutti, nei secoli, ma noi abbiamo sempre resistito, perché questa terra la amiamo, anche se non è facile viverci. Ma, infondo, se la voglia di lavorare non ti manca, è una terra che ti dà tutto».
A raccontare la storia di questo minuscolo borgo, dove fino a 40 anni fa abitano più di quaranta persone, è uno dei pochi residenti rimasti a viverci stabilmente, Marcello Velliscig, 60 anni a settembre (nella foto).
«A Prepotischis coltivo di tutto ma mancano le donne - dice -; eppure ci abbiamo provato a farle arrivare. Niente da fare. Tutte dicono che il posto è bello, suggestivo, con viste meravigliose. Ma poi nessuno resta a viverci».
Con lui, a Prepotischis, abitano anche due fratelli, Giorgio e Antonio, 57 e 68 anni, e Sergio, che di anni ne ha 63. Tutti scapoli. Non se la cavano male: sanno far da mangiare, puliscono casa, riordinano, curano gli orti, le vigne. Ma non disdegnerebbero una compagna, una moglie.
«Eh… vediamo se qualcuna accoglie l’appello - dice Marcello, un uomo simpatico e pieno di ottimismo -; ci è rimasto solo il buon umore e la voglia di far festa quando finiamo di lavorare. Quelli non ce li può togliere nessuno».
Per muoversi in questo piccolo abitato si usano ripidi sentieri puntellati da enormi massi affioranti di pietra calcarea, rocce scavate nei millenni dall’acqua che oggi fanno un po’ da silenziose guardiane. I prati sono perfettamente sfalciati, gli orti curati con meticolosità.
I roseti, quelli che aveva messo a dimora la mamma di Marcello, la signora Rosa, sono ovunque, anche vicino alla casa dei maiali che ti guardano da una piccola finestra con fare sornione, grufolando un po’, per poi tornare al truogolo.
Sono i maiali di Marcello che, oltre a essere cacciatore e ad arrangiarsi nel lavoro in tutti in modi, alleva anche tre suini, e alleva le galline. Racconta di quando aveva solo 9 anni e andava a scuola a piedi, camminando per i sentieri di bosco per quasi due chilometri, dopo aver dato da mangiare alle mucche, in stalla, con gli altri bambini del borgo.
«Una volta, e non è neanche tanto tempo fa, alla fine, tutti i ragazzini aiutavano in famiglia, nei campi. E il letame delle stalle non li ha mai fatti ammalare. Oggi è cambiato tutto, il mondo va un po’ alla rovescia.
E poi è sparito tutto: la montagna è stata uccisa dalla burocrazia: tassati tutti, anche chi è proprietario di una vecchia casa in sasso non abitabile; chi aveva un’osteria ha chiuso perché con il registratore di cassa non ci stai dentro. Le strade non sono in buone condizioni, non c’è rete del telefono.
Non ti aiutano se vuoi mettere a posto qualcosa, anzi: devi pagare, sempre, come abitassimo in città. In pochi resistono. La maggior parte della gente se n’è andata per questo. Noi resistiamo fino a che possiamo, perché siamo gente che non si fa spaventare dal lavoro: ci si sveglia alle 5, si va a dormire quando è buio.
Tutto il giorno lavoro: così abbiamo messo a posto le nostre case, altrimenti sarebbero ancora un rudere, mettendoci tutto l’amore che abbiamo. Perché qualcosa resti».
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