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Giuseppe Spatola per “Libero quotidiano”
Rien ne va plus, les jeux sont faits. A Campione la ruota della fortuna non girerà più.
Ieri mattina il Tribunale di Como ha infatti dichiarato fallito il casinò di Campione d' Italia e la casa da gioco è stata affidata a tre curatori fallimentari. La decisione del giudice è stata presa dopo che il commissario ad acta aveva bocciato il piano di risanamento presentato dal Comune e dalla stessa casa da gioco.
Nei giorni scorsi l' amministratore unico del casinò, Marco Ambrosini, aveva chiesto un' ulteriore proroga della decisione. La richiesta di fallimento era stata presentata dalla Procura di Como dopo che il Casinò non era stato più in grado di versare le quote dovute al Comune di Campione, socio unico, provocando il dissesto finanziario dell' ente pubblico.
Il 24 luglio il commissario Pagano aveva sonoramente bocciato il piano di risanamento presentato: l' ammontare dei debiti al 30 aprile 2018 sarebbe di 132 milioni di euro, 42 dei quali spettano al Comune di Campione d' Italia, socio unico della Casa da gioco.
«Alla luce di quanto deciso nelle ultime ore - hanno ribadito a Campione - appare evidente come non abbia sortito alcun effetto la missione dell' amministratore unico Ambrosini in Tribunale a Como dove ha presentato una memoria con la quale chiedeva, in sostanza, il congelamento di ogni decisione fino all' udienza di settembre».
Per i 500 lavoratori - sono esattamente 487 i posti a rischio per la rappresentanza sindacale della casa da giochi - si profilano tempi difficili e un futuro incerto.
Per questa ragione ieri tutti gli assunti si sono riuniti in assemblea per avere un quadro della situazione più preciso e decidere come tutelarsi. La richiesta di fallimento era stata presentata dalla Procura di Como dopo che il Casinò non era stato più in grado di versare le quote dovute a Campione, provocandone il dissesto finanziario. Al Comune dell' enclave italiana nel cuore del Canton Ticino, schiacciato dai debiti, nei giorni scorsi si è insediato il commissario prefettizio che dovrà gestire la crisi.
Il Consiglio comunale aveva approvato un piano di ristrutturazione "salva-casinò". Un piano d' austerità "lacrime e sangue" che prevedeva fra le altre cose un taglio netto degli introiti riversati al Comune (40 milioni in 5 anni al posto di 20 all' anno - che però non ha trovato l' unanimità della giunta).
La riduzione degli emolumenti in favore del Comune era parte integrante dell' accordo, sottoscritto la primavera scorsa, che prevedeva una riduzione del costo del lavoro e che di fatto aveva permesso di salvare dal licenziamento collettivo i quasi 500 dipendenti.
Neppure questo, però, è bastato a convincere i giudici comaschi della possibilità di salvataggio. Da qui la sentenza di fallimento che mette in ginocchio l' intera comunità.
Ora spetterà alla procura capire le eventuali responsabilità della mala gestione e del dissesto economico che ha portato al commissariamento della cosa pubblica.
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