DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Daniele Cotto per “La Stampa”
Linda Cerruti ha appena caricato in auto la mountain bike, dopo un pomeriggio catartico trascorso a pedalare nell'entroterra ligure con il fidanzato Francesco. Troppi pensieri ancora la tormentano. È finita nel tritacarne mediatico, vittima di messaggi sessisti, e ora deve, suo malgrado, scacciare i fantasmi.
«Con la fatica ho cercato di cancellare l'amarezza per tutte quelle frasi maschiliste che ho ricevuto sui social. Possibile che questa gente sappia occuparsi solo di un sedere e di due gambe, ignorando le vittorie? Siamo atlete, non oggetti». Parla con calma, la regina della disciplina più spettacolare del nuoto, la stella della Marina Militare.
Non chiamatela sincronetta, lei è molto di più: è diventata un simbolo del successo italiano, un'artista della piscina che il mondo ci invidia. Spiega i concetti basilari del suo sport spettacolare, pur dovendosi difendere per quella "colpa" inesistente: aver postato su Instagram una posa acrobatica, provata mille volte in allenamento, con le gambe in spaccata sulle quali ha appeso le otto medaglie.
Sono i sei argenti e i due bronzi vinti agli Europei di nuoto terminati domenica scorsa a Roma. Una foto artistica, sportiva. Fatta con ironia e orgoglio, un flash per rivivere le emozioni di quelle giornate intense nelle quali lei, l'azzurra vincente di Noli (Savona), 28 anni e tanti interessi coltivati dopo il liceo scientifico, è stata ancora protagonista esaltando il tricolore. Un'esplosione di gioia che i "leoni da tastiera" hanno interpretato e commentato a modo loro. Da beceri. Linda, con la sua presa di posizione serena, offre un esempio di coraggio e di civiltà.
Cosa vuole trasmettere alle donne vittime di questi attacchi?
«Spesso la soluzione scelta è mettere tutto a tacere, ma non è giusto. Il mio messaggio non cambierà il mondo, però è un segnale, un passo importante. È necessaria una rivoluzione culturale per superare queste orrende dinamiche sociali.
Ho riflettuto molto su quello che è successo e poi ho deciso di prendere provvedimenti concreti denunciando il fatto alla Polizia Postale, che ringrazio. Perché ci tutela. Il mio atteggiamento è un invito a tutte le donne a credere e a lottare per una società migliore nella quale far crescere i nostri figli. Non dobbiamo aver paura».
Cosa ha provato quando sui social ha letto le reazioni alla sua foto?
«Profonda tristezza. Sono schifata per i commenti volgari, fuori luogo. Sono centinaia, forse migliaia. Ho scattato quell'immagine sulla spiaggia che frequento da sempre, dove sono cresciuta e dove ho coltivato i primi sogni da atleta».
Qual è secondo lei la motivazione che spinge queste persone ad insultare?
«Credo ci sia molta leggerezza. Chi non è atleta non sa e non capisce quanta fatica c'è dietro ad una medaglia, è un sogno che si avvera. E vuoi festeggiare. Avevo fatto la stessa foto nel 2010, l'anno dell'esordio in Nazionale. Poi l'ho ripetuta nel 2018 quando ho vinto sette medaglie agli Europei. E poi c'è questa, con otto. Bella. Ma interpretata male. Per fortuna ho ricevuto anche moltissimi messaggi di solidarietà e tanti complimenti».
Ci racconti la sua giornata da atleta.
«Sveglia alle cinque, poi in acqua alle sei e un quarto e allenamento fino alle 12. Pausa per il pranzo e dalle 15,30 si ricomincia, dividendosi tra palestra e piscina fino alle otto di sera. Quindi cena e fisioterapia. E verso le nove e mezzo di sera crollo, non restano molte energie. Ecco, questa è la nostra vita, voglio spiegare che dietro ad ogni medaglia c'è una fatica immensa. Altro che storie».
Ciò che è successo è lo specchio del degrado della nostra società?
«Pochi giorni fa ho sentito una mia collega francese che ha dovuto affrontare lo stesso problema. Purtroppo è un fenomeno esteso, non solo un malessere italiano».
Quali sono i suoi programmi ora?
«Come ogni anno, dopo mesi di sacrifici, è arrivato il momento in cui alzo la testa dall'acqua e respiro. Ora mi godo questi giorni a casa, poi mi dedicherò al camp organizzato dalla mia società, la Rari Nantes Savona, per le giovanissime. A settembre, invece, stacco tutto e volo in Indonesia».
Si sarebbe mai immaginata un dopo Europeo così strano?
«No, mi creda. Però adesso non ne voglio più parlare. Perché non è giusto dare spazio a persone così. Con la denuncia ho fatto la mia scelta. Dobbiamo agire, tutti insieme: le parole a questo punto non servono più».
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