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“IO, STUPRATA ANCHE DALLE ISTITUZIONI” – L’URLO DI DOLORE DELLA DOTTORESSA VIOLENTATA IN PROVINCIA DI CATANIA DOPO CHE IL GIUDICE HA DERUBRICATO L’ABUSO SESSUALE A “INCIDENTE SUL LAVORO”- “MI HANNO UMILIATO”
Giovanni Neve per il Giornale
"La solidarietà espressa dai colleghi è la più sincera che ci possa essere, perchè siete consapevoli che tutti sareste potuti essere al mio posto.
Nessuno sconto, invece per le istituzioni, alle quali solo una cosa posso dire: io sono stata violentata anche da voi". La denuncia lanciata dalla dottoressa, violentata a Trecastagni (in provincia di Catania) mentre lavorava nella guardia medica, è durissima. Perché tira in ballo quelle istituzioni che hanno "derubricato lo stupro a infortunio sul lavoro". "Così - ha tuonato - mi hanno umiliato".
La dottoressa ha parlato di fronte ai suoi colleghi: 106 presidenti degli Ordini dei medici, riuniti nel Consiglio della loro Federazione nazionale (Fnomceo) e 106 presidenti delle Commissioni albo odontoiatri, insieme in assemblea plenaria nella sua Sicilia, a Giardini Naxos (Messina). "Quella della sicurezza è solo la punta dell'iceberg - ha spiegato - noi medici abbiamo perso la dignità. La nostra professione si è snaturata, è diventata una cosa che non è più essere medico, è soffocata dall'affanno di evitare le denunce, di seguire pedissequamente i protocolli.
Sfugge un concetto fondamentale: noi dobbiamo curare le persone". "Ho intrapreso questa strada per passione - ha raccontato - anche la scelta di fare la guardia medica non è stata un ripiego, è stata una decisione consapevole proprio perché volevo essere in prima linea, vicina alle persone che soffrono".
Come denunciato nei giorni scorsi dal Tempo, la violenza sessuale è stata derubricata dal giudice in un incidente sul lavoro. E per la dottoressa è stata una nuova violenza. Le istituzioni, ha accusato, "non hanno semplicemente lasciato sola me, mettendomi in pericolo e poi umiliandomi quando la mia aggressione è stata derubricata a infortunio sul lavoro. Il sistema rischia di travolgere la nostra intera professione. Siamo tutti vittime: a questo gli Ordini devono opporsi".
Gli Ordini "devono essere la casa, ma anche la famiglia di noi medici. E come in una famiglia i genitori non devono essere troppo permissivi con i figli, così è un errore assumere un atteggiamento paternalistico verso quei colleghi che sbagliano".
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