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Francesco Grignetti per "la Stampa"
Bando ai moralismi, l'ormai famoso «incontro dell'autogrill» non scandalizza Matteo Salvini. «Io - dice il capo leghista - di esponenti dei Servizi ne ho incontrati a decine. Mi sembra assolutamente normale. Poi uno può incontrarli in Autogrill, al monastero, a via del Corso o nel suo ufficio. Non mi sembra nulla di particolare».
Ecco, se un ex presidente del Consiglio sente l'esigenza di incontrarsi lontano da occhi indiscreti con Marco Mancini, un alto dirigente dei Servizi segreti, nel pieno di uno scontro furibondo con l'allora presidente del Consiglio proprio sulla gestione dell'intelligence, agli uomini della politica non desta scandalo.
Piuttosto s' interrogano se il video che immortala l'incontro sia genuino o non sia frutto di un pedinamento: contro Renzi o contro Mancini, non si scappa. Certo è che in quel dicembre 2020, Renzi accusava Giuseppe Conte di utilizzare gli 007 per suoi scopi personali e partitici. E il Comitato di controllo parlamentare ne fu talmente impressionato da decidere una serie di audizioni (i due contendenti innanzitutto) che poi non si sono mai fatte.
Ma chi è Marco Mancini? Si sa che inizia da giovane brigadiere nell'Antiterrorismo, a Milano negli Anni Ottanta. Fa coppia fissa con Maurizio Tavaroli, altro brigadiere, che farà carriera nel settore privato. Il brigadiere Mancini, poi maresciallo, è svelto. Porta a casa i risultati. E dopo qualche anno passa ai servizi segreti, dove ritrova i suoi ex ufficiali, Umberto Bonaventura e Gustavo Pignero. Anche ai Servizi si occupa di antiterrorismo.
Nel frattempo è esplosa l'emergenza islamista. Si dice che stringa un rapporto strettissimo con la Cia. Da Bologna, dove è capocentro, ha competenze su tutto il Nord. In questa veste, come scopriranno i magistrati milanesi Armando Spataro e Ferdinando Pomarici, nel 2002 collabora al sequestro illegale dell'imam Abu Omar.
Nel frattempo è diventato il braccio destro del capo, il generale Nicolò Pollari, tanto gradito a Berlusconi. Il suo volto diventa noto nel 2005, quando esce da un aereo tenendo sottobraccio la giornalista Giuliana Sgrena, appena liberata in Iraq.
Nell'azione ci ha rimesso la vita il suo superiore, Nicola Calipari e la vedova Rosa Villecco scriverà che il dualismo ambiguo e machiavellico del Sismi - pro e contro gli americani - fu «un gioco che costerà la vita a Nicola». Machiavellico sembra l'aggettivo giusto.
Qualche mese dopo, Mancini è arrestato per il sequestro di Abu Omar. In seguito viene arrestato anche per le intercettazioni illegali Telecom contro politici e imprenditori, a cura del suo amico Tavaroli. In entrambi i processi, Mancini beneficia di un Segreto di Stato.
La sua carriera però sembra arrestarsi. Torna all'Aise nel 2014 e si dice che sia in rotta con l'allora direttore, Alberto Manenti, un generale dell'esercito tutto d'un pezzo, e con il colonnello Sergio Di Caprio, Ultimo, che s' è bruciato la carriera per antirenzismo. Presidente del Consiglio è appunto il nostro Matteo Renzi, che dice di essere in confidenza con Mancini da anni. Lui smania per tornare operativo. Passa al Dis.
Quel che non gli riesce con il governo a guida Pd, potrebbe riuscirgli ora, dato che si è legato al sottosegretario grillino Angelo Tofalo, poi alla ministra Elisabetta Trenta, poi a Giuseppe Conte. Nel 2020, però, il premier non lo nomina vicedirettore, pare per un veto del Pd. E lui riparte con il gioco delle sette chiese.
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