DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Stefano Montefiori per il “Corriere della Sera”
Dopo l' attacco terroristico del 13 novembre 2015 il lutto collettivo si espresse con il tricolore alle finestre, le candele e i biglietti lasciati sui luoghi delle stragi, e con Festa mobile di Ernest Hemingway eletto a manifesto della Parigi eterna, quella della gioia di vivere. L' editore Gallimard fu costretto a ristampare più volte quel racconto di vita scapestrata che aveva come templi il Dôme, la Rotonde, il Select e la Coupole. Locali del quartiere Montparnasse dove si andava «per essere visti in publico», luoghi che «hanno preceduto i cronisti mondani come surrogati quotidiani dell' immortalità».
Un anno dopo la tragedia e quella testimonianza di affetto, il 10 novembre scorso il Dôme è stato posto in amministrazione controllata dal Tribunale del commercio di Parigi. Un curatore valuterà se liquidare l' attività, rilanciare la gestione attuale di Maxime Bras o favorire la rinascita grazie a un nuovo proprietario.
Il ristorante Dôme, un' istituzione della Parigi che vuole resistere all' odio e all' oscurantismo degli jihadisti, patisce il crollo del turismo internazionale provocato dagli attentati terroristici. Nei primi sei mesi del 2016 la capitale francese è stata disertata da giapponesi (-46,2%), russi (-35%), italiani (-27,7%), cinesi (-19,6%) e americani (-5,7%), secondo i dati del Comitato regionale del turismo. La strage di Nizza del 14 luglio, poi, ha dato un altro colpo.
Montparnasse aveva già perso da tempo il suo ruolo centrale nella vita parigina, a vantaggio dei quartieri ex popolari e gentrificati del Marais, Bastiglia e Canal Saint-Martin.
Ma i suoi locali storici, frequentati da una clientela mista di residenti e turisti, hanno sempre mantenuto una loro ragion d' essere. Il Dôme, per esempio. Ha vissuto sull' avere servito caffé e croissant ai protagonisti del XX secolo, Lenin e Trotzki, Picasso, Luis Buñuel e Man Ray, fino agli inevitabili Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir che abitavano nella poco lontana rue Schoelcher.
Ma oltre a questi allori il Dôme ha saputo con il tempo trasformarsi da brasserie senza pretese in ottimo ristorante di pesce, sfidando il cliché del monumento decaduto. Lo chef Frank Graux si è meritato una stella Michelin (nel 2003) e le lodi recenti del più temuto critico gastronomico francese, François Simon, puntando su una qualità che, certo, si paga: 50 euro la sogliola alla mugnaia, 58 il risotto di capesante.
Niente che potesse spaventare i parigini habitué del quartiere, e gli stranieri conquistati in partenza dal mito degli anni Cinquanta e dagli arredi sui toni dell' arancio.
Anche la Coupole, a pochi metri sul boulevard du Montparnasse, è in difficoltà. «Dopo gli attentati abbiamo perduto il 60 per cento della nostra clientela internazionale», dice il vicedirettore Jean-Philippe Levavasseur.
Alla Coupole si mangia meno bene che al Dôme, ma la discoteca nel seminterrato conosce alterni e regolari momenti di gloria, come nei primi anni Duemila quando ospitava le migliori serate garage house della capitale, citate nel film Eden di Mia Hansen-Løve. Sopra, al solito tavolo (il 149) Albert Camus festeggiò il suo premio Nobel nel 1957, e oggi i camerieri in uniforme bianca e nera gridano ancora in coro «Ici c' est Paris!» quando si festeggia un compleanno a champagne: rito kitsch secondo alcuni, gesto traboccante gioia di vivere per i meno blasé, in una sala Art Déco che resta comunque tra le più belle d' Europa. È la Parigi inafferrabile che tutti cercano anche a Saint-Germain quando ordinano un Welsh Rarebit al Café de Flore o un bordeaux alla brasserie Lipp. Cose da turisti, certo, ma Parigi senza i turisti non sarebbe più la stessa. La speranza è che ritornino presto.
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