DAGOREPORT - CON UN MINISTRO DEGLI ESTERI (E UN GOVERNO) ALL'ALTEZZA, CECILIA SALA NON SAREBBE…
Andrea Priante per il “Corriere della Sera”
A poca distanza dal borgo di Col San Martino, tra i vigneti del Prosecco e le stradine che si inerpicano sui colli, c’è una casa con un cortile e un capanno degli attrezzi. Lì, seduto a terra, un uomo sembra quasi volersi nascondere. Dopo una vita passata a faticare come artigiano edile, oggi questo pensionato se ne sta rannicchiato sul cemento con l’aria di chi s’è perso nei pensieri più bui. Si chiama Mario Biscaro ed è il padre di Fabrizio, l’operaio di 34 anni che mercoledì ha massacrato a coltellate Elisa Campeol, una vittima «scelta a caso» mentre prendeva il sole sulle sponde del Piave. «Povera ragazza e povera anche la sua famiglia. Mi dispiace, vorrei chiedere loro scusa perché mi sento in colpa: in fondo è stato mio figlio...».
Fabrizio ha problemi psichici. Durante l’interrogatorio ha spiegato di aver sentito «un impulso irrefrenabile a uccidere»…
«Non era mai stato violento nei confronti delle altre persone. All’incirca cinque anni fa era entrato in crisi, soprattutto perché non trovava un’occupazione stabile, e ha iniziato un percorso con gli psicologi del Centro di salute mentale. Ma le assicuro: non ha mai dato l’impressione di poter fare del male agli altri…».
Aveva tentato di farlo a se stesso?
«È stata tutta colpa di questo maledetto lockdown: da quando è iniziata la pandemia la situazione è precipitata. L’azienda per la quale lavorava l’ha lasciato a casa e lui ha cominciato a trascorrere le giornate incollato al computer, cercando una nuova occupazione. Si era fissato: non sopportava l’idea di vivere sulle spalle di mamma e papà. E poi non aveva molti amici. Anzi, a dire il vero ne aveva soltanto uno: un ragazzo di Vittorio Veneto che però ha contratto il Covid e quindi Fabrizio aveva dovuto interrompere anche quell’unica frequentazione. Per lui sono stati mesi duri. E così, alla fine dello scorso anno ha cercato di togliersi la vita, impiccandosi».
I CARABINIERI SUL LUOGO DOVE E' MORTA ELISA CAMPEOL
Non c’è riuscito.
«Me ne sono accorto appena in tempo: c’era la corda... e l’ho salvato».
Da lì il ricovero in ospedale psichiatrico.
«Ci è rimasto qualche settimana, poi ha voluto tornare a casa. Gli ho detto: “Va bene, però mi devi fare una promessa”. E lui mi ha assicurato di sì, ma poi quella promessa l’ha tradita ammazzando la ragazza».
Qual era la promessa?
«Che non avrebbe più fatto qualcosa di sbagliato, che si sarebbe comportato bene».
Dopo le dimissioni dall’ospedale psichiatrico suo figlio come stava?
«Come al solito. Faceva dei lunghi giri in mountain bike, gli piaceva scattare foto alle gare di rally… A preoccuparlo era sempre il lavoro. Da qualche mese, attraverso un’agenzia interinale, faceva l’operaio per una ditta qui vicino (la Dhe di Follina, che produce resistenze per applicazioni industriali, ndr), ma abbiamo saputo che si era appena licenziato e che quindi presto sarebbe rimasto di nuovo senza un’occupazione».
Quando ha visto l’ultima volta suo figlio?
«Martedì, dopo il turno in fabbrica. È tornato a casa per pranzo ma poi io e sua madre siamo usciti per andare al Centro raccolta rifiuti, e quando siamo tornati non c’era più. All’inizio abbiamo pensato fosse andato da qualche parte in auto, ma passavano le ore e non tornava. A sera ci siamo preoccupati e la mattina dopo siamo andati dai carabinieri a denunciarne la scomparsa».
A pranzo le era sembrato tranquillo?
«Sì, nulla di diverso dal solito. Ho notato che aveva preparato uno zaino in sala, ricordo che era vuoto, ma non ci ho fatto caso. Come potevo pensare che poi ci avrebbe messo dentro il coltello col quale è andato a uccidere…».
Non poteva.
«Lo so, ma quello che ha fatto è orribile: uscire e ammazzare qualcuno a casaccio. Ma scherziamo? Era meglio se uccideva se stesso. Invece si è devastato la vita, ha distrutto la famiglia di Elisa Campeol, e ha rovinato per sempre anche la nostra, di famiglia. Questo è un piccolo borgo, la gente ora ci guarda diversamente, c’è quasi un desiderio morboso di sapere...».
Come ha scoperto ciò che era successo?
«Ieri (mercoledì, ndr) saranno state le 15, ci hanno telefonato i carabinieri di Valdobbiadene convocandoci in caserma. Il magistrato mi è venuto incontro e ha detto che mio figlio aveva ucciso una donna. Poi gli investigatori sono arrivati fin qui e hanno perquisito le sue cose, portando via il computer, il telefonino, e la macchina fotografica. Solo verso mezzanotte io e mia moglie siamo rimasti soli e a quel punto sono crollato, ripensando a quella promessa che Fabrizio mi aveva fatto...».
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