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EROS E THANATOS DA RESTARCI MUMMIFICATI - ECCO IL TESTO CHE LO SCRITTORE FUTURISTA MARINETTI DECLAMÒ A UN BANCHETTO NUZIALE, FRA L'IMBARAZZO DEI COMMENSALI: SI PARLAVA DI UNA MUMMIA FOLLEMENTE INNAMORATA - LA SUA PASSIONE PER L'EGITTO DEI FARAONI AVEVA RADICI LONTANE, NONOSTANTE IL PAESE DELLE PIRAMIDI APPAIA COME IL SIMBOLO STESSO DI CIÒ CHE È ANTICO E "NON FUTURISTA"…

Da "La Verità"

 

Fu un curioso regalo di nozze quello che Filippo Tommaso Marinetti fece al giornalista, romanziere e commediografo Guglielmo Anastasi e alla neo moglie Marta Siccoli, quando al loro banchetto nuziale declamò il testo allo stesso tempo erotico e funereo de La momie sanglante (ora tradotto per la prima volta in italiano da Camilla Scarpa e pubblicato per i tipi delle edizioni Aspis, con un’ampia introduzione di Guido Andrea Pautasso).

 

filippo tommaso marinetti

La narrazione ruota attorno a Ilaï, la figlia del faraone Bocchoris, che torna in vita per godere di un amore che non le era stato concesso nell’esistenza precedente a causa del voto di castità fatto alla luna. Un tema ben poco festoso, tanto più che la narrazione non fa economia di dettagli truculenti.

 

E infatti pare che la performance avesse imbarazzato i convenuti, ma non lo sposo, che aveva ben familiare la passione di Marinetti per i temi esoterici e le antiche simbologie. Nato ad Alessandria d’Egitto, Marinetti era sempre stato appassionato dei misteri egiziani, nonostante il Paese delle piramidi appaia come il simbolo stesso di ciò che è antico e «non futurista».

 

Lo scrittore aveva frequentato il collegio Saint François-Xavier dei padri gesuiti francesi e con lo pseudonimo di Hespérus aveva collaborato alla rivistina Le Papyrus, che del resto aveva dedicato molto spazio ai ritrovamenti archeologici del Cairo.

 

FILIPPO TOMMASO MARINETTI E BENEDETTA CAPPA

Bisogna poi ricordare che lo stesso Manifesto del futurismo uscito nel 1909 su Le Figaro era stato scritto, per bocca dei suoi autori, sotto «otto lampade di moschea dalle cupole di ottone traforato, stellate come le nostre anime». Nello stesso anno, il censuratissimo romanzo Mafarka il futurista av e va un protagonista dall’eloquente nome di Mafarka-el-Bar.

 

L’Egitto è presente anche in Dune(1914) o nel romanzo Gli Indomabili, pubblicato nel 1922. All’inizio degli anni Trenta, Marinetti pubblica poi Il fascino dell’Egitto, incui ricorda alcuni rituali degli antichi egizi, come quelli svelati dal ritrovamento di alcune coppie seppellite insieme.

 

Per il fondatore del futurismo si trattava di una «volontà di beffare la morte», in quanto i defunti apparivano «tanto felici di avere insieme goduta u n’intera vita che volevano prolungarla insieme nel regno della Morte vinta». Un tema piuttosto futurista e che ritorna anche ne La mummia che sanguina, di cui pubblichiamo un estratto per gentile concessione dell’editore.

 

Fillippo T. Marinetti

 

un sarcofago

La mummia che sanguinava, questa composizione impregnata d'aromi funebri e palpitante di desiderio come un roseto scaldato dal sole, affinché egli, al banchetto trionfale celebrato in onore della sua radiosa giovinezza, osi levare più in alto di tutti il calice dell'Amore, incastonato d'astri, e brindare arditamente alla Morte, traendo ispirazione dalla finezza propria degli antichi Egizi, «che non concepivano convito alcuno senza un cranio scheletrito, o, in ogni modo, senza un emblema qualsiasi della brevità della vita».

 

***Una cripta egizia di forma squadrata, nella quale ristagna un sentore di resina, di gomme aromatizzate e di legno di cedro. S'intravedono, quasi indistinte, addossate ai muri, le sembianze umane dei sarcofagi, le cui dorature mandano bagliori nel pulviscolo verde della penombra. Ed ecco un frastuono, come d'una frana, provenire dal fondo della cripta; prontamente, il soffitto sopra l'angolo destro crolla, e un'ampia breccia si spalanca rivelando il fluire, vellutato e perlaceo, del Nilo.

 

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Il chiarore caustico della Luna che - così immagina l'autore - ha abbattuto il muro della cripta, invade la camera sotterranea e cade sul più sontuoso dei sarcofagi, sulla sinistra, il cui coperchio scivola a terra sotto gli sforzi della mummia. Improvvisamente viva, la mummia di Ilaï, figlia del faraone Boccori (XXIV Dinastia), si diveste dalle bende di lino tinte d'ocra e macchiate di muffe, tutta lucente di sale e di gomma arabica, che le ricadono attorno ai piedi malfermi, formando una sorta di strascico tenuemente dorato.

 

La mummia rossigna, le cui curve di donna iniziano a delinearsi, apre gli occhi, sotto le cui palpebre risplendono due gemme meravigliose, scioglie lentamente le braccia e le mani dalle unghie dorate dalla loro immobilità cruciforme, e s' avanza d'un passo, tra i cerchi concentrici che lo strascico di bende sembra formare in quell'aria carica di madreperla e di latte di luna.(Parla Ilaï) Oh! Com' è greve qui l'aria! Soffoco!... e queste bende di piombo, chi me ne libererà? (apre gli occhi) Ah! Sei tu, o candida Luna! Sorella mia, sei tu ad avermi ridestato? Grazie, o Luna! Eccomi, vengo a te!... Aspettami! Ma, ahimè, sono così languida e molle! Dove mi trovo? L'aria che mi circonda è meravigliosamente opalina e punteggiata d'oro bluastro, è quasi liquida! E i miei piedi calpestano una sabbia umida e levigata.

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Oh! Ditemelo, Luna, mi trovo nelle profondità, tra i flutti del fiume? Forse cammino sulle gemmee sabbie del Nilo! Ah! Sarò così molle e illanguidita per il lungo sonno! I miei piedi incespicano nel mio strascico d'oro. L'aria mi trasporta come una foglia di ninfea che fluttua sulle onde del tuo latte immacolato, mia bianca sorella! Ma io vengo a te, giacché un fiotto di vita gonfia di nuovo le mie vene disseccate!

 

Sì, sento che una strana linfa mi scorre in corpo!... Ma da dove proviene?... da quale sorgente a me ignota, dal momento che (avvicina la mano alla fronte per rammentare), che sono ormai secoli che non ho più un cuore! (si tocca il petto, come per verificare). Sì... sì, il mio petto è dilaniato e vuoto! In effetti, ora ricordo: mentre agonizzavo, con le arterie aperte, dalle quali fuoriuscivano il mio sangue e la vita, ricordo che chiamavo a gran voce, con ogni stilla di forza rimastami, la mia fedele serva Ziboumeh!... Ziboumeh!... Dov' è? Dov'è la mia Ziboumeh? Vieni! Vieni! La tua padrona è di nuovo desta!... Ziboumeh! Ziboumeh! (la chiama).

 

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Ecco che la chiamo, con voce rauca e incerta, come feci durante quella notte terribile, in cui contavo le ore, nere e rosse, che sgocciolavano come copiose lacrime di sangue! Il fiume era blu, l'aria della sera si tingeva di fosforo, snervante per l'approssimarsi dell'estate. Oh! come allora, come in quel giorno nefasto, la mia voce rauca si leva invano. «Ziboumeh! Ziboumeh! Vieni, presto!... ». Lei non risponde! Dov' è? Ah, svengo!...Come allora, le mie vene sono ormai riarse, spremute, e io barcollo verso il fiume, grondante di vita che mi lascia in onde scarlatte.

 

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No, no, oggi sono diafana e arida come pelle di serpente alla luce della Luna!... Ah, ora ricordo! Molti giorni sono passati da allora... Era la festa dei rematori, e Ziboumeh si era attardata parecchio con le sue compagne sulla dahabieh (un tipo di barca usata per la navigazione sul Nilo, ndr) per ascoltare le leggende degli dei. Ma, verso sera, era rientrata e io, tremante, mi ero abbandonata tra le sue braccia, dicendole: «Promettimi di fare ciò che ti ordino.

 

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Quando sarò morta, estrarrai il cuore dal mio petto squarciato Giurami che lo farai, Ziboumeh!... Ascolta!... Userai il cucchiaio dorato di cui si servono gli imbalsamatori Poi avvolgerai il mio cuore in una foglia di bisso, usando ogni cautela, e la porterai al mio amato!... «Oh! Ziboumeh! Ti ringrazio per essere accorsa in fretta, giacché se tu avessi tardato ancora per un istante, io sarei morta E allora?... Allora lui non sarebbe mai venuto a conoscenza della straziante verità che albergo nell'anima. Avrebbe ignorato l'amore bruciante che mi consuma. Perché è di lui che io muoio!...».

 

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Nubar il mio Nubar è lui che amo!... (si passa la mano sulla fronte) Ora ricordo ogni cosa, ogni cosa Vacillando, mi appropinquai al fiume, e Ziboumeh mi sosteneva da dietro, con le braccia che mi sfioravano i seni. Oh! erano così lisce e calde, le sue braccia e io ero così fredda, e tremavo, scossa dai singhiozzi che le squarciavano il petto...

 

Allora, levando le braccia in alto verso te, o Luna, sorella mia, ho intonato con voce fievole un inno in tuo onore. Nubar mi aveva insegnato quelle belle parole, che mestamente si sfogliavano sulle mie labbra in agonia come petali d'una rosa investita dal simun (il vento che soffia nel Sahara, ndr). (Si sfiora ancora la fronte, per richiamare alla memoria i ricordi). «O Luna! È a te che offro il martirio del mio cuore e il sacrificio della mia gioia!...

 

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Volevi che il mio corpo restasse puro ed è per obbedirti, Luna, che gli negai i miei bei seni burrosi, che fremevano dall'impazienza di esser carezzati e morsi e divorati a suo piacimento!... Io ti sacrifico le sue labbra di primavera, che di volta in volta appassivano e rifiorivano più profumate e rosse sotto i colpi dei miei baci!... Io ti sacrifico le lacrime lente e pensose dei suoi occhi le sue lacrime, più lente e pensose delle stelle che ti fanno corteggio!».

 

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Non ricordo più le altre strofe Allora, o Luna, fosti benevola nei miei riguardi!... Con la tua voce candida, avvolgente e ricca di accenti come il profumo del gelsomino, mi promettesti la gioia futura di essere ineffabilmente uniti, noi due, nella terra cerulea delle nuvole, che fluttuano come isole d'estasi e di silenzio sui mari dell'Infinito! Fosti benevola con me, allora, o sorella mia, Luna! []Nubar Nubar, dev'essere qui, o almeno vicini!... (Si volta a destra poi a sinistra, frugando con lo sguardo nella penombra).

 

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È così, sento l'odore acre e il tepore del suo corpo possente di guerriero!... Ziboumeh! Dimmi, che hai fatto mentre io dormivo? Dove sei, dunque?... Ah, non viene Ma verrà Nubar verrà certamente, e io l'aspetterò!

 

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