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FAVORISCA IL GENDER - LA CORTE DI GIUSTIZIA DELL'UE HA STABILITO CHE IL RIFIUTO DI UNO STATO MEMBRO DI RICONOSCERE IL CAMBIAMENTO DI NOME E GENERE LEGALMENTE ACQUISITO IN UN ALTRO STATO È CONTRARIO AI DIRITTI DEI CITTADINI DELL'UNIONE – I GIUDICI SI SONO ESPRESSI SUL CASO DI UN CITTADINO RUMENO, NATO DONNA, CHE, DOPO ESSERSI TRASFERITO NEL REGNO UNITO, HA CAMBIATO NOME DI BATTESIMO E GENERE DA FEMMINILE A MASCHILE. UNA MODIFICA CHE LE AUTORITÀ ROMENE NON HANNO RICONOSCIUTO…

CAMBIO DI GENERE - UNIONE EUROPEA

(ANSA) - Il rifiuto di uno Stato membro di riconoscere il cambiamento di prenome e di genere legalmente acquisito in un altro Stato membro è contrario ai diritti dei cittadini dell'Unione. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia dell'Ue in una causa riguardante un cittadino rumeno, registrato alla nascita come persona di sesso femminile, che, dopo essersi trasferito nel Regno Unito, ha cambiato il suo nome di battesimo e il suo genere da femminile a maschile.

 

Nel maggio 2021, sulla base di due documenti ottenuti nel Regno Unito che attestano questi cambiamenti, questo cittadino ha chiesto alle autorità amministrative rumene di inserire nel suo certificato di nascita i dati relativi al suo cambiamento di nome di battesimo, sesso e numero di identificazione personale in modo che corrispondesse al genere maschile.

 

Corte di Giustizia Ue

Una richiesta respinta dalle autorità rumene che hanno a loro volta chiesto di seguire un distinto procedimento giudiziario in Romania, finalizzato a ottenere dall'inizio l'approvazione del cambiamento di sesso. Secondo la Corte Ue, la normativa nazionale su cui si fonda la decisione di diniego delle autorità rumene è "contraria al diritto dell'Ue".

 

"Ciò si applica anche se la domanda di riconoscimento di tale cambiamento è stata fatta dopo il recesso del Regno Unito dall'Unione" sostengono i giudici, ricordando che il cambiamento di prenome e di identità di genere è stato ottenuto prima della Brexit e quindi va considerato come "acquisito in uno Stato membro dell'Ue".

 

identita di genere

Il rifiuto "ostacola l'esercizio del diritto di libera circolazione e di soggiorno", sostiene la Corte, aggiungendo che tale rifiuto insieme al "fatto di costringere l'interessato ad avviare un nuovo procedimento di cambiamento di identità di genere nello Stato membro d'origine, esponendolo al rischio che il procedimento sfoci in un risultato diverso" non siano giustificati.

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