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QUI GATTO CI COVID! – FERMI TUTTI: PER LA PRIMA VOLTA UN TEAM SCIENTIFICO HA CERTIFICATO IL PASSAGGIO DEL CORONAVIRUS DA UN GATTO A UNA PERSONA – ERA GIÀ EMERSO CHE I FELINI POTESSERO PRENDERE IL VIRUS, MA MAI CHE POTESSERO INFETTARE UN ESSERE UMANO. IL SALTO DI SPECIE CAMBIA LE PROSPETTIVE, VISTA LA DIFFUSIONE DEI MICI COME ANIMALI DOMESTICI, MA SECONDO GLI ESPERTI IL RISCHIO È MOLTO BASSO…
Massimo Sideri per www.corriere.it
Per la prima volta un team scientifico thailandese che ha pubblicato su Emerging Infectious Diseases ha certificato con quelle che definisce essere «solide evidenze» il passaggio del virus Sars-Cov2 da un gatto a una persona, una veterinaria.
«Sapevamo da due anni che era una delle possibilità» ha commentato su Nature Angela Bosco-Lauth, una scienziata della Colorado State University. Era la seconda paura dei tanti proprietari dei gatti in giro per il mondo: che gli amici casalinghi potessero trasmettere il virus all’uomo. La prima era che potessero ammalarsi essi stessi.
In realtà che i gatti potessero prendersi il virus senza sviluppare particolari problemi era già emerso. E dei casi sospetti di passaggi all’essere umano erano già stati studiati negli allevamenti in Europa e in America di altri animali, come i visoni. In particolare i gatti si sono passati il Sars-Cov2 tra comunità feline già diverse volte.
Ma il «salto» di specie verso l’uomo cambia chiaramente le prospettive: il gatto entra così tra le specie che possono fare da veicolo anche se il livello di rischio è molto basso secondo gli esperti.
Il motivo è facile da comprendere: vista la diffusione enorme di gatti nelle case come animali di compagnia (quasi dei familiari) in tutto il mondo è evidente che il passaggio è da considerarsi un evento molto raro.
Nel caso studiato dal team le evidenze sono molto solide: una famiglia che si era ammalata di Covid19 ha portato il gatto dalla propria veterinaria. L’animale le ha starnutito in faccia e dopo tre giorni lo stesso medico ha sviluppato la malattia senza che nessuno del suo cerchio di familiari, amici e colleghi lo avesse.
A quel punto è sorto il sospetto e le analisi ulteriori hanno confermato che aveva sviluppato la malattia dalla stessa variante di virus che risultava nel gatto.
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