
PAPA FRANCESCO NON VOLEVA INCONTRARE JD VANCE E HA MANDATO AVANTI PAROLIN – BERGOGLIO HA CAMBIATO…
renato mannheimer e francesca colombo foto riccardo schito
Si era detto «dispiaciuto» e «pentito» già nei mesi scorsi, anche davanti agli inquirenti che lo avevano interrogato, e aveva preannunciato che avrebbe restituito «tutto quanto il dovuto». E ieri il noto sondaggista e volto televisivo Renato Mannheimer, accusato di associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale, ha fatto sapere al gup, attraverso il suo legale, di aver versato all'Agenzia delle Entrate più di 6,3 milioni di euro. Un risarcimento che gli ha permesso di ottenere il via libera dalla Procura di Milano ad un patteggiamento a un anno e 11 mesi di reclusione con la sospensione condizionale della pena.
Sull'istanza di patteggiamento, che si basa sull'accordo tra il difensore del presidente dell'Ispo Mannheimer, l'avvocato e professore Mario Zanchetti con il pm Adriano Scudieri, dovrà ora esprimersi il gup Cristina Di Censo che il prossimo 18 febbraio potrà ratificarla o respingerla, se non riterrà la pena congrua. Il pm Scudieri, dopo aver chiuso le indagini a febbraio (nell'aprile 2013 c'erano state una serie di perquisizioni), aveva chiesto il processo per Mannheimer e altre nove persone per un presunto sistema fraudolento che sarebbe stato messo in atto per aggirare il Fisco attraverso l'emissione di false fatture con società esistenti solo sulla carta. Una presunta frode fiscale da circa 10 milioni.
RENATO MANNHEIMER STA FACENDO UN SONDAGIO
Il sondaggista è accusato di associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale e all'utilizzo di false fatturazioni per operazioni inesistenti (per circa 30 milioni di euro) assieme ad altre quattro persone. Secondo le indagini, sarebbe stato proprio Mannheimer «l'ideatore e beneficiario dell'attività fraudolenta, posta in essere attraverso il consulente e commercialista Merlo» e tramite le cosiddette società «filtro» e una serie di società «cartiere» tunisine.
Mannheimer, come si legge nell'imputazione, si sarebbe servito «al fine di evadere le imposte sui redditi e sull'Iva, nelle dichiarazioni fiscali societarie per gli anni dal 2004 al 2010» di fatture «per operazioni inesistenti». Il presidente dell'Ispo avrebbe trasferito «il provento dell'evasione alle società cartiere tunisine per poi veicolare l'illecito profitto su conti a lui riconducibili radicati in Svizzera, in Antigua e Lussemburgo».
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