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NO GARLASCO, IO NON CI CASCO - MISTERI E BUGIE INTORNO ALLA MORTE DI CHIARA POGGI, SCRITTI NERI SU BIANCO NELLA SENTENZA CHE CONDANNA IL CARABINIERE CHE INDAGÒ I PRIMI GIORNI: ‘ELIMINAZIONE DI FONTI DI PROVA’, IL MANCATO SEQUESTRO (MANCO UNA FOTO!) DELLA BICICLETTA NERA DA DONNA, ATTACCHI A TESTIMONI E MENZOGNE - IL MARESCIALLO È STATO POI CACCIATO DALL’ARMA PER SFRUTTAMENTO DELLA PROSTITUZIONE!

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Giusi Fasano per il ‘Corriere della Sera

 

CHIARA POGGI GARLASCOCHIARA POGGI GARLASCO

Il punto è questo: «La solerzia del maresciallo Marchetto nel non sequestrare (ma neppure fotografare) un bicicletta che a poche ore dall’omicidio aveva assunto un indubbio interesse investigativo (...), si è concretizzata nell’eliminazione di una fonte di prova». Non dettagli secondari, quindi. Ma una questione gravissima: «Eliminazione di una fonte di prova», appunto.

 

 Questo dicono i giudici sulla responsabilità dell’ex maresciallo dei carabinieri Francesco Marchetto a proposito del mancato sequestro della bicicletta nera da donna che due testimoni avevano visto sul luogo del delitto. Parliamo dell’omicidio di Garlasco, ovviamente. Di Chiara Poggi che la mattina del 13 agosto 2007 fu ritrovata uccisa nella sua villetta dall’allora fidanzato Alberto Stasi, poi ritenuto l’assassino da una sentenza passata in giudicato un anno fa.

 

«Ottimo investigatore»

VILLA 
GARLASCO
VILLA GARLASCO

E parliamo dell’allora maresciallo - cacciato dall’Arma perché condannato in via definitiva per sfruttamento della prostituzione - che «aveva fama di ottimo investigatore», come scrivono i giudici nella sentenza che lo ha condannato in primo grado a due anni e sei mesi di reclusione: per aver detto il falso sul non-sequestro della bici e aver creato così una «falsa rappresentazione della realtà» che «ebbe rilevante efficacia probatoria nel corso dell’intero procedimento (cioè del processo contro Stasi)e fu in grado di influire sulla decisione, deviandone il corso dall’obiettivo dell’autentica e genuina verità processuale».

 

delitto garlasco04 alberto stasidelitto garlasco04 alberto stasi

Di quella bicicletta nera da donna «Stasi non ne aveva affatto parlato» mentre i suoi genitori «la collocavano in posti diversi», ricorda la sentenza appena depositata. Ora: «Già questo avrebbe dovuto imporre il sequestro di tutte le biciclette degli Stasi ovunque si trovassero» premettono i magistrati.

 

Ma «al contrario ciò non è avvenuto per una valutazione quantomeno opinabile del maresciallo Marchetto, autore di un atto di cui sfugge anche la definizione. Venivano invece sequestrate, a distanza per altro di una settimana, due biciclette di cui una completamente diversa da quella descritta dai testimoni». A rileggere l’elenco dei fatti che hanno portato a questa sentenza ci si imbatte in una lunga serie di inspiegabili bugie dell’ex carabiniere.

 

Una bici nera da donna

GARLASCO DELITTOGARLASCO DELITTO

La prima la raccontò al giudice che celebrò il primo grado contro alberto Stasi, Stefano Vitelli, e che «sembrava riporre evidente incondizionata fiducia» nei suoi confronti. Gli disse, Marchetto, che aveva assistito alla deposizione della teste che descrisse abbastanza dettagliatamente la bicicletta e che - quando il giorno dopo andò nell’officina del padre di Alberto a controllare una bici nera da donna - decise di non prenderla per analizzarla proprio perché aveva sentito la deposizione della testimone (signora Bermani)e perché partendo da quella deposizione la bici che aveva visto gli era parsa troppo diversa da quella descritta.

 

delitto garlasco02 gemelle cappadelitto garlasco02 gemelle cappa

Peccato che Marchetto in realtà non aveva mai assistito alla testimonianza della signora Bermani e che, al contrario, la bicicletta tenuta nell’officina era molto simile a quella vista davanti a casa Poggi la mattina del delitto. «Non è dato conoscere le ragioni per le quali Marchetto scelse deliberatamente di mentire» sul tipo di bicicletta che ritenne «differente» scrivono i giudici oggi. Non ci sono «elementi univoci di favoreggiamento», aggiungono, tutt’al più «sospetti nati dall’esistenza di un legame di conoscenza con il padre di Stasi».

 

La cosa più verosimile è che abbia raccontato falsità sul modello e similitudine «per sottacere il macroscopico errore compiuto nel lasciare la bicicletta nella disponibilità degli Stasi».

 

ANDREA SEMPIO CHIARA POGGI ALBERTO STASIANDREA SEMPIO CHIARA POGGI ALBERTO STASI

Ma perché lasciarla in officina? ci sarebbe da chiedersi. Non gli sarebbe costato nulla scrivere la verità sull’annotazione di servizio... E invece la «bici nera da donna» è diventata il fantasma del processo di Garlasco. Finché non è stata sequestrata per il processo d’appello bis ed è entrata a pieno titolo fra le fonti di prova della sentenza di condanna contro Alberto Stasi.

 

Altra bugia agli atti

ANDREA SEMPIOANDREA SEMPIO

Altra bugia agli atti: Marchetto disse che la richiesta del sopralluogo nell’officina in cui era custodita la bici venne dal capitano suo superiore. Falso, ha stabilito il processo: ci andò con il padre di Alberto (che probabilmente, ipotizzano i giudici, gli chiese direttamente di intervenire).

 

CHIARA POGGI CHIARA POGGI

E, non ultimo, un comportamento decisamente strano: Marchetto - si scopre - andò da solo e in borghese a trovare la dottoressa che era medico curante della signora Bermani, le chiese se la paziente assumesse farmaci particolari per patologie psichiche, la dottoressa disse di no e lui non verbalizzò una riga. Dopodiché definì Franca Bermani «inattendibile» in un’intervista. Come se fosse più importante screditarla che accertare ciò che aveva da dire.