DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Davide Frattini per corriere.it
Un rettangolo di muro si stacca dalla parete del palazzone nel centro di Gaza: dove prima c’era una finestra adesso c’è un buco grande il triplo che espelle polvere e fiammate. Dove prima i capi della Jihad Islamica erano seduti a complottare attacchi — secondo l’intelligence israeliana — non resta che la morte.
L’operazione «Sorgere dell’alba» inizia con l’uccisione di Taysir al Jaabari (assieme ad almeno altre dieci persone, tra loro anche una bambina di cinque anni) e prosegue con 19 arresti all’alba di sabato tra i capi della Jihad islamica in Cisgiordania occupata. Gli ufficiali spiegano di aver fatto arrivare ad Hamas il messaggio di starne fuori, vorrebbero che questa rimanesse una mini-guerra contro la Jihad, sanno che le probabilità sono basse: 25 mila riservisti sono già stati richiamati, le strade attorno alla Striscia bloccate, le batterie anti-missile Iron Dome piazzate attorno a Tel Aviv. L ‘esercito israeliano ha riferito in una nota sabato mattina che soldati e agenti dell’agenzia di sicurezza interna Shin Bet hanno arrestato 20 persone in raid mattutini nella Cisgiordania occupata, «di cui 19 sono agenti associati all’organizzazione terroristica della Jihad islamica palestinese».
La rappresaglia annunciata nel pomeriggio è arrivata alle nove di sera, come promesso dai portavoce islamisti. Lanciati 160 razzi in poche ore, tra venerdì e sabato — intercettati nel 95% dei casi dal sistema Iron Dome — verso le città a nord di Gaza, sempre le prime a finire sotto il fuoco quando questi conflitti ciclici si riaccendono. Nel gergo in ebraico dei militari sono chiamati sivuv, parola che a Fania Oz-Salberger, figlia del romanziere Amos, suona fatalista e disperata: un altro giro del dolore che sembra inevitabile, nella Bibbia indica i cicli del sole. E dell’Alba appunto.
Jaabari è stato eliminato perché sarebbe stato lui a guidare la squadra incaricata di vendicare l’arresto cinque giorni fa di Bassam al Saadi, 61 anni passati più dentro che fuori le prigioni israeliane: tra i leader a Jenin, nel nord della Cisgiordania, è sospettato di voler organizzare attacchi contro gli israeliani. Gli analisti si aspettavano che le operazioni in Cisgiordania avrebbero aperto il fronte di Gaza. Così è successo. L’intelligence aveva preparato il pubblico con informazioni filtrate ai giornalisti di cose militari: la Jihad stava definendo gli ultimi dettagli di un attentato con razzi-anticarro da sparare al di là della barriera su obiettivi civili.
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Ancora una volta in questi ultimi anni Israele va in guerra durante una campagna elettorale. Yair Lapid è premier da un mese e mezzo, un capo del governo ad interim (almeno fino alle elezioni dell'1 novembre) su cui le fazioni palestinesi potrebbero aver voluto mettere pressione. Le coalizione che ha presieduto con Naftali Bennett fino alla crisi era nata proprio dopo gli undici giorni di scontro a maggio dell’anno scorso. In mezzo i civili: gli abitanti delle città israeliane colpite dai razzi (una cinquantina solo nei primi minuti), i due milioni di palestinesi stretti a Gaza sotto il dominio di Hamas in un corridoio di sabbia lungo 41 chilometri e largo dai 6 ai 12. Pochi possono uscirne per l’embargo israeliano contro i fondamentalisti, mentre il valico a sud controllato dagli egiziani resta quasi sempre chiuso dal 2007, da quando Hamas ha tolto con le armi il controllo della Striscia all’Autorità palestinese.
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