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Valentina Errante per “Il Messaggero”
Inchieste che sollevano bufere politiche e si concludono con un nulla di fatto, casi irrisolti, errori giudiziari e sentenze che non arrivano mai. Non tutti i casi sono uguali, ma le statistiche, in Italia, sono sconfortanti e l'immagine di Enzo Tortora, finito in carcere ingiustamente (condannato in primo grado a dieci anni) per poi essere assolto da tutte le accuse, è diventata il simbolo di una Giustizia ingiusta, tutt' altro che infallibile. Di contestazioni risultate false o comunque non supportate da prove, la storia giudiziaria è piena.
Giovanni Falcone era finito al centro di furiose polemiche per non avere mai aperto un fascicolo nei confronti dell'ex eurodeputato Salvo Lima, ma sosteneva di non avere abbastanza elementi. E a fronte di processi che si concludono con assoluzioni ci sono anche indagini che partono male e non trovano una risposta, come il caso di via Poma. Alla lista si aggiungono i processi che non finiscono mai: a Milano è ancora aperto il dibattimento (uno dei tanti filoni) per il crac Parmalat, e sono fatti avvenuti tra il 93 e il 2003. Parlando di inchieste che si sono sgonfiate, un caso emblematico degli ultimi anni è quello che ha visto protagonista l'ex ministro del Lavoro, sindaco di Napoli e presidente della Campania, Antonio Bassolino: a parte alcune inchieste negli anni 90 finite con archiviazioni, ha collezionato diciannove assoluzioni in 17 anni.
L'ultima, «perché il fatto non sussiste», è dello scorso novembre, per alcuni fatti di peculato. La prima indagine risale invece al 2003: due magistrati accusano Bassolino, che come governatore è anche commissario straordinario all'emergenza rifiuti, di avere compiuto una truffa aggravata e continuata ai danni dello Stato. Le contestazioni sono frode in pubbliche forniture e abuso d'ufficio. A parte il numero dei processi, Bassolino non è certo l'unico politico travolto da inchieste che non hanno portato a una sentenza di condanna.
VIA POMA Il caso di Simonetta Cesaroni, uccisa a Roma il 7 agosto del 90 è ancora un mistero. Anni di indagini non hanno dato una spiegazione a quelle 29 coltellate. I sospetti inizialmente ricadono su Pietrino Vanacore, portiere dello stabile dove si trovava la vittima, che era rimasto in carcere per quasi un mese. Poi sul giovane Federico Valle e su altri personaggi che avevano a che fare con il palazzo dove Simonetta lavorava ed era sede dell'Associazione ostelli della gioventù. Tutti scagionati. Ma il nodo sembra essere un altro: nelle indagini sono stati fatti errori grossolani. I vestiti della vittima erano scomparsi, insieme ad altri effetti personali.
Così come l'arma (un tagliacarte). Ma nessuno aveva cercato nei cassonetti che erano in strada. Sulla scena del crimine era stato trovato un bigliettino con la scritta «Ce dead ok». Molto tempo dopo si era saputo che era di un poliziotto intervenuto sul posto. Nel 2000 il papà di Simonetta chiede provocatoriamente l'archiviazione del caso, e da via Arenula parte un'ispezione. Le indagini si riapriranno nel 2005, sotto processo finisce Raniero Brusco, all'epoca fidanzato della vittima. Dopo una condanna in primo grado, ci saranno due assoluzioni.
PARMALAT Il caso Parmalat, invece, è infinito. In pochi sanno che è ancora in corso una parte del processo per il crac. Un buco in bilancio di circa 14 miliardi di euro, costato, tra l'altro, l'azzeramento del patrimonio di molti piccoli azionisti che avevano puntato sull'azienda di Collecchio. Con l'accusa di bancarotta fraudolenta, è stato condannato a 17 anni e mezzo il patron della Parmalat, Calisto Tanzi, e anche alcuni collaboratori, tra dirigenti, revisori dei conti e sindaci.
Ma sette ex manager di Bank of America, assolti nel procedimento principale, sono ancora sotto processo per usura e bancarotta. La prima accusa dovrebbe essere prescritta, mentre la bancarotta, a 18 anni di distanza, ha come data di scadenza il prossimo luglio.
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