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La pandemia da coronavirus non ha posto fine all’inferno dei wet market, i cosiddetti “mercati umidi”, un termine che deriva proprio dal pavimento scivoloso creato dal sangue e dalle viscere animali cadute a terra e dall’acqua usata per spazzarli via.
A dimostrarlo una videoinchiesta realizzata nelle città di Wuhan, Guangzhou, Dongguan, Guilin, Nanning e Liuzhou in Cina durante il mese di maggio 2020, quando ormai la pandemia si era ampiamente diffusa in tutto il mondo.
Le immagini, realizzate dagli attivisti locali e diffuso da Animal Equality, rivelano che nonostante i terribili mesi che hanno completamente cambiato la vita così come la conosciamo, nei wet market si continuano a vendere e a uccidere animali come tartarughe, rane, anatre, oche, piccioni e altri, riunendo specie che in natura non vivrebbero mai insieme, aumentando così il rischio di trasmissione di malattie tra l'uomo e gli animali.
Non è la prima volta che Animal Equality si infiltra in questi mercati asiatici dove vengono venduti per il consumo animali vivi e morti, selvatici e domestici. Nel 2014 e all'inizio del 2020 abbiamo pubblicato immagini scioccanti dei wet market di Cina, Vietnam e India, che testimoniano l'incuria e la crudeltà con cui questi luoghi operano.
«Il nostro team di investigatori ha deciso che era importante monitorare la situazione nei wet market per vedere se con la pandemia le cose fossero cambiate – commenta Alice Trombetta, direttrice di Animal Equality in Italia – . Abbiamo voluto onorare l’impegno preso con l’oltre mezzo milione di persone che avevano già firmato la nostra petizione per aiutare questi animali vengono venduti e uccisi senza la minima considerazione e per porre fine al rischio che questi luoghi rappresentano per l'umanità»
E la sofferenza non è solo un problema per gli animali stessi: a causa delle condizioni di gestione e trasporto, gli animali raggiungono livelli di stress così elevati che il loro sistema immunitario si indebolisce rapidamente, creando così un ambiente perfetto per la diffusione di malattie pericolose.
«È davvero preoccupante vedere le condizioni in cui gli animali vengono trasportati e scambiati in questi luoghi, ma le uccisioni sono ancora peggiori. Gli animali vengono scelti dagli acquirenti e, pienamente coscienti, vengono crudelmente macellati senza alcun controllo sanitario. La situazione non è migliorata per niente», continua Alice Trombetta.
Chiudere i wet market, dove vengono venduti e macellati animali di ogni specie, è l’unico modo per porre fine alle sofferenze degli animali che vivono e muoiono quotidianamente in questi luoghi. Allo stato attuale la petizione di Animal Equality ha già superato le 530mila firme che chiedono la chiusura definitiva di queste realtà.
Ma i wet market, non sono gli unici problemi del mondo attuale: la strage di visoni in Danimarca perché infetti da coronavirus, i maiali in Cina per la peste suina africana, e molte altre situazioni analoghe mostrano tutti i problemi degli allevamenti intensivi di tutto il mondo, anch’essi pericolosi per l’uomo e crudeli nei confronti degli animali.
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