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Lodovica Bulian per "il Giornale"
Mascherine non a norma e certificazioni post datate. Ancora ombre sulla maxi commessa da 1,2 miliardi di euro di euro di dispositivi forniti alla struttura dell'ex commissario Arcuri da tre aziende cinesi per il tramite dell'ex giornalista Rai, Mario Benotti, dell'ingegnere Andrea Vincenzo Tommasi, e dell'ecuadoriano Jorge Solis.
Tra i 60 milioni di mascherine sequestrati in diverse regioni italiane dalla Guardia di finanza su richiesta della Procura di Gorizia perché con una «capacità filtrante inferiore di dieci volte inferiore rispetto a quanto dichiarato», ci sono anche quelle reperite dagli intermediari indagati dai pm romani per traffico di influenze illecite.
Diversi produttori tra quelli che figurano nell'elenco dei sequestri sono riconducibili alle tre aziende cinesi. Ieri alla notizia dell'operazione delle fiamme gialle, Benotti ha diffidato «chiunque ad accostare il proprio nome» ai dispositivi fallati. «Il ruolo di mediazione di Benotti non è collegabile in alcun modo a una presunta responsabilità sulla qualità dei dispositivi stessi.
La certificazione delle mascherine attiene infatti a determinati enti europei e nazionali, che ne autorizzano la messa in commercio se ritenute rispondenti ai requisiti richiesti. Sta infatti alla struttura commissariale che ha acquistato i dispositivi verificarne l'adeguatezza e la piena rispondenza ai requisiti normativi».
E ricorda che le mascherine «hanno ricevuto la certificazione di idoneità Cee, oltre che da Iss, Inail, Cts e Protezione Civile, nonché dall'autorità cinese preposta». Insomma, per Benotti era compito della struttura commissariale controllare la veridicità di quei documenti. Del resto lui come gli altri intermediari dell'affare avevano sempre rivendicato di aver fornito mascherine dotate di certificazione Ce.
gli sms di arcuri a benotti quarta repubblica
Anche in una bozza di fattura inviata allora da una delle tre aziende cinesi alla struttura del commissario tra le condizioni di pagamento si legge che le mascherine dovevano «avere la certificazione Ce». E in una mail inviata all'ufficio acquisti di Arcuri, il 28 marzo, Tommasi scriveva che «tutta la certificazione Ce verrà fornita con le rispettive consegne». Ma le date non tornano, almeno in alcuni casi.
Le ultime mascherine di quella commessa sono state consegnate, stando a quanto dichiarato dagli stessi intermediari, a fine luglio «in anticipo rispetto ai termini di consegna». Ma ci sono almeno quattro certificazioni di conformità Ce che sono successive rispetto all'arrivo delle mascherine in Italia.
mario benotti quarta repubblica
Quella del produttore Wenzhou Likang è datata 21 agosto, di Yiwu Biweikang il 16 ottobre, di Wenzhou Xilian il 19 ottobre, cioè tre mesi dopo l'arrivo. Si tratta proprio delle certificazioni relative ad alcune delle mascherine sequestrate dalla procura di Gorizia.
I dispositivi sarebbero comunque stati distribuiti dopo aver ottenuto il parere positivo del comitato tecnico scientifico: i verbali con cui il Cts aveva dato il via libera sono sotto la lente ora di due procure, quella di Gorizia e quella di Roma. Si tratta di ricostruire quale sia stata la catena di responsabilità dietro l'approvvigionamento di dispositivi potenzialmente fallati.
mascherine ffp2 cinesi irregolari
L'ex coordinatore Agostino Miozzo aveva fatto sapere che le mascherine di quella commessa erano state validate «da un punto di vista documentale» da Istituto di Sanità, e Inail. Nel momento di piena emergenza quella era la prassi. Resta da capire come alcune certificazioni Ce abbiano una data successiva rispetto alla consegna dei dispositivi in Italia.
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