DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Giuseppe Salvaggiulo per “La Stampa”
Il tribunale di Roma ha demolito uno dei decreti più ideologici emanati da Matteo Salvini che da ministro dell'Interno del governo Conte aveva imposto alle coppie omosessuali la dicitura «padre e madre» anziché «genitori» sulle carte di identità dei loro figli. Accogliendo il ricorso di due donne italiane, il giudice impone al Viminale di emettere una nuova carta di identità, modificando il software se necessario.
«Utero in affitto e orrori simili assolutamente no. Difenderemo la famiglia naturale fondata sull'unione tra un uomo e una donna», il proclama con cui il 31 gennaio 2019 Salvini aveva annunciato il decreto, incurante dei pareri negativi di Garante della privacy e Comuni. Tra le migliaia di coppie colpite, quella che un anno fa ha promosso la causa civile, assistita dalle associazioni Rete Lenford e Famiglie Arcobaleno. Sonia ha avuto una figlia praticando la fecondazione artificiale all'estero, la compagna a cui è legata da unione civile l'ha adottata per via giudiziaria. Insomma legalmente due madri a tutti gli effetti, ma non per il Viminale.
salvini contro le scritte genitore 1 e genitore 2
Gli avvocati Vincenzo Miri e Federica Tempori avevano denunciato la violazione, nel decreto, di una decina di norme internazionali e nazionali, tra cui quella che garantisce «il rispetto della vita privata e familiare».
Il ministero, tramite l'Avvocatura dello Stato, ne aveva difeso la conformità a «fondamentali e insuperabili» principi repubblicani di ordine pubblico, tra cui quello che «intende la filiazione esclusivamente quale discendenza da persone di sesso diverso».
Argomenti «senza base giuridica», secondo il giudice Francesco Crisafulli che in venti articolate pagine, restituendo «un senso alle parole», non si limita a spiegare che «la falsa rappresentazione del ruolo di una delle due genitrici, in evidente contrasto con la sua identità sessuale e di genere, comporta conseguenze rilevanti sul rispetto dei diritti garantiti dalla Costituzione».
Con raffinata irrisione dell'edito salviniano («la soluzione della questione dovrebbe risultare di immediata percezione»), lo accusa di aver costretto i funzionari dell'anagrafe a commettere falsi in atto pubblico, «poiché un documento che indichi una delle due donne come "padre" contiene una rappresentazione alterata, e perciò falsa, della realtà». Il giudice specifica inoltre che il diritto «alla corretta rappresentazione familiare» non spetta solo alle madri, ma anche alla bambina.
esempio di modulo scolastico con genitore 1 e 2
Secondo Alessandra Crocini, presidente di Famiglie Arcobaleno, «questa sentenza ci dice che in Italia la persecuzione politica nei nostri confronti è vergognosa». La questione non è del tutto chiusa. I governi Conte bis e Draghi non hanno risposto agli appelli delle associazioni per una modifica del decreto, che quindi è ancora in vigore «e continua così a offendere dignità e identità di tante famiglie», dice Vincenzo Miri, presidente di Rete Lenford. L'ordinanza del tribunale risolve il caso specifico, ma non ha efficacia generale. Servirebbe un provvedimento ministeriale per risolvere il problema. Ad adottarlo dovrebbe essere l'attuale ministro, Matteo Piantedosi, che nel 2019 era plenipotenziario capo di gabinetto di Salvini al Viminale. -
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