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Maurizio Molinari per “la Stampa”
Una cintura di potenti esplosivi circonda le rovine dell’antica Palmira, risalente a oltre 2000 anni fa. I miliziani dello Stato Islamico (Isis) hanno posizionato mine e potenti ordigni attorno ai resti architettonici romani impiegando numerosi contingenti di truppe. È l’Osservatorio per i diritti umani in Siria, di base a Londra, ad aver raccolto testimonianze locali sull’opera in corso da parte dei miliziani del Califfo, intenzionati in questa maniera ad ostacolare l’imminente tentativo delle forze del regime di Bashar Assad di riconquistare la città.
Palmira si trova in uno snodo strategico fra la capitale Damasco e la provincia orientale di Dair az Zour e, da quando il mese scorso Isis l’ha conquistata, è diventata il trampolino di lancio di attacchi jihadisti contro le difese settentrionali di Damasco. Da qui la decisione di Assad di tentarne una rapida riconquista, ammassando truppe, mezzi e milizie sciite, con la contromossa del Califfo Abu Bakr al Baghdadi di minarla.
«Le voci che circolano in merito alle mine interrate attorno a Palmira sembrano vere - afferma Maamoun Abdulkarim, capo delle Antichità di Baghdad -: la città è stata presa in ostaggio, si tratta di una situazione molto pericolosa». Anche a Mosul, in Iraq, Isis si prepara a fronteggiare il tentativo di riconquista delle truppe governative e qui, per ostacolarlo, gioca la carta degli scudi umani: ha fatto catturare almeno 1227 bambini che, secondo fonti curde, sarebbero scomparsi nel nulla.
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